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La negazione del sé tra buddhismo e neuroscienze

Partendo dall'analisi del concetto di "io" o di "sé" con le sue molteplici sfaccettuture, la tesi cerca di sviluppare e approfondire tale concetto nella tradizione buddhista indiana e nelle più recenti argomentazioni proposte dalla filosofia delle neuroscienze, in particolare dal filosofo tedesco T. Metzinger.
Due tradizioni tanto diverse sembrano convergere sull'opportunità di rimettere in discussione la reale esistenza di un elemento che permane identico a se stesso attraverso il tempo e che possa essere definito come la radice stessa del sé.
La tesi indaga le argomentazioni e le prove molto diverse che il buddhismo e le neuroscienze portano per sostenere questa prospettiva, mostrandone le somiglianze e le differenze.

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5 1 Introduzione Nella cultura occidentale raramente si è presa in considerazione la possibilità che il soggetto, l’io di cui quotidianamente si fa esperienza, possa non essere reale. Si è soliti considerare la propria identità come data: si è un nome e un cognome a cui corrisponde un individuo. Questo, nonostante gli eventuali cambiamenti fisici o caratteriali, ha un nucleo di caratteristiche inalterabili che permane al di là dello scorrere del tempo; tale nucleo, tale serie di aspetti fondamentali, è ciò che si intende con il concetto di sé. Naturalmente esistono prospettive diverse relativamente a quali debbano essere gli aspetti su cui si costruisce l’individualità: alcuni ritengono che il sé debba coincidere con il corpo, altri con la mente, altri ancora con l’anima. Le possibilità sono numerose e si tenterà di approfondirle tutte, ma il proposito della ricerca è quello di mostrare come questa sensazione di essere un io, per quanto appaia robusta e convincente, sia una mera impressione. Il principio d’individuazione, che porta l’uomo a intendersi come un soggetto, sarebbe fondamentalmente errato. Non si contesta l’innegabile esistenza della sensazione di essere un sé; soltanto si farà notare come, dietro questa impressione, non si possa rintracciare alcun elemento stabile e permanente in cui identificare la radice della convinzione di essere un io. Le implicazioni di una simile posizione sono varie e coprono aspetti etici, ontologici e, soprattutto, soteriologici: rinunciare all’idea di essere un io ha un forte impatto sulla maggiore o minore possibilità di condurre una vita felice o priva di sofferenza. Questo aspetto salvifico è centrale per la tradizione buddhista. Sebbene non si possa dire altrettanto per quanto riguarda le scienze cognitive, riteniamo lecito e doveroso valutare le implicazioni che anche la trattazione neuroscientifica del non- io potrebbe avere in questo campo. A giudizio del Buddha, il rifiuto del sé è il passo fondamentale per poter giungere a liberarsi da brama e attaccamento, fonti primarie di sofferenza. Come si vedrà, quest’ultima si genera inevitabilmente per la natura

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Parole chiave

neuroscienze
io
buddhismo
individuazione
buddha
metzinger
anatman
fenomenologia
libet

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