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Dai musei tecnico-scientifici ai science center, laboratori al servizio del pubblico. Il caso: la Città della Scienza di Napoli.

Negli ultimi anni si è assistito ad un fiorire di musei della scienza, portatori di una concezione assolutamente innovativa: musei interattivi, stimolanti, che divertono i visitatori e che si propongono come palestre di ragionamento scientifico per tutti.
Parallelamente, anche le collezioni scientifiche di carattere tradizionale, preziosissime per il loro valore storico e l’attività di ricerca che le accompagna, sembrano acquisire linfa vitale dall’apertura al pubblico, attraverso incontri e laboratori didattici.
In questo contesto così vivo, in cui i musei scientifici si sono trasformati ormai in Science Center, vere e proprie Palestre della Scienza, mi ha stupito dover constatare, grazie ad un’indagine svolta su un campione di cinquanta studenti, tra i 20 e i 25 anni, della Facoltà di Economia dell’Ateneo Fridericiano di Napoli, che la quasi totalità di essi non associa mai il museo alla scienza o alla tecnologia; l’idea più comune sembra essere che i musei rappresentino un salto nel passato, dei luoghi dove vengono custoditi reperti storici e qualsiasi altra cosa che gli studiosi ritengano che sia di valore o che possa rappresentare, in qualche modo, il nostro patrimonio culturale.
Un archivio della memoria, insomma, che ci permette, oggi, di rivivere il passato.
Certo, il museo è anche questo, ma la suddetta visione, così diffusa tra i giovani, è estremamente riduttiva.
Di sicuro, è difficile definire “musei” i Science Center.
La mia attenzione si è soffermata, per l’appunto, sul processo storico che ha portato alla nascita dei cosiddetti Centri della Scienza, sviluppatisi ma resisi autonomi dai musei scientifici tradizionali, ponendo all’attenzione della cultura museografica ed espositiva il concetto di museo come medium di pura comunicazione, in mancanza di oggetti di significato storico. Un Science Center, infatti, è notoriamente un luogo per esporre non oggetti, ma concetti.
Ho cercato, inoltre, attraverso l’analisi del caso di Città della Scienza di Napoli, di fornire una serie di dati circa l’organizzazione e la gestione di un Science Center, che oggi vede profondamente cambiato il proprio ruolo, da mero contenitore di oggetti a luogo dove si costruisce la nuova cittadinanza scientifica.
L’elaborato ha cercato di far comprendere, sia attraverso un excursus storico che grazie all’analisi di alcuni case studies, a livello nazionale ed europeo, cosa siano i Science Center, come funzionino, quali siano i bisogni ai quali intendono rispondere e quali le condizioni del loro successo.
E’ stata fatta una distinzione concettuale ed operativa tra i modelli di divulgazione scientifica del Science Centre e del Museo della Scienza e della Tecnica, individuando i fattori di crisi e di obsolescenza della prima generazione di Science Centre e illustrando le principali strategie di innovazione.
Dal punto di vista del contenitore, si è vista l'importanza della spettacolarità, della flessibilità delle soluzioni espositive e della complessità delle funzioni, pur rimanendo le caratteristiche del Science Center fortemente differenziate da quelle delle attrazioni commerciali.
Si è sottolineata, tra le altre cose, l’importanza che il Science Center ha nella funzione e nella capacità di rapportarsi con il territorio, quale risorsa per lo sviluppo e la diffusione della cultura scientifica e tecnologica.
Altro tema importante è stato il pubblico: il Science Centre dev'essere in grado di formulare specifiche risposte a specifici pubblici, in riferimento allo sviluppo scientifico e tecnologico e alle sue ricadute sugli stili e sulla qualità della vita; inoltre, deve presentare un’offerta fortemente differenziata, per una molteplicità di fattori.
In primis, il Science Center si candida ad essere il luogo dove nasce la nuova cittadinanza scientifica e, in quanto tale, deve essere in grado di rappresentare quanto più possibile l’universo della scienza, senza focalizzarsi su una porzione troppo ridotta, e deve saper innovare e rinnovare i suoi contenuti con estrema rapidità; attraverso i case studies, inoltre, ci si è facilmente resi conto che quasi la totalità dei Science Center ha una sezione dedicata ai bambini, con contenuti sicuramente più adatti al loro livello di conoscenza e di apprendimento.
L’analisi del caso di Città della Scienza, infine, ha focalizzato l’attenzione su quelli che sono i rapporti di collaborazione con le scuole, con le istituzioni e con tutti gli altri interlocutori esterni, e, soprattutto, sulle esigenze economiche del Science Center e sulle mille difficoltà, dovute agli ingenti costi da sostenere.

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CAPITOLO I IL MUSEO TECNICO-SCIENTIFICO 1.1 I MUSEI DI SCIENZA E TECNICA A differenza di altri musei, che pure possono presentare la biologia o la chimica in modo spettacolare ed interattivo, creando un percorso fisico e mentale dal quale il visitatore esca più informato e consapevole, al pari della lettura di un libro, i musei tecnico- scientifici 1 risultano essere veri e propri laboratori, dove è possibile toccare e sperimentare, alla scoperta di fenomeni naturali quali, ad esempio, la rifrazione della luce, le leggi del moto e i principi della percezione visiva o dell’udito. Presentano, dunque, collezioni di strumentazioni scientifiche e di manufatti tecnologici, spesso di grande valore storico o di imponenza monumentale. I musei della scienza non sono nati ieri. Ma restano nuovi perché, come la scienza che rappresentano, raccontano, producono o riproducono, non possono stare fermi e possono reinventarsi di continuo nuovi ruoli e nuovi contenuti. Sono, inoltre, oggetti poliedrici, trasversali nei temi e nei linguaggi. 1 Sui musei di scienza e tecnica esiste una vasta bibliografia. Si rimanda a: - N.Pevsner, Musei, in I Luoghi del Museo: Tipo e Forma fra Tradizione e Innovazione, pagg. 41-85, a cura di Luca Basso Peressut, Roma, 1985 - M.Merzagora, P.Rodari, La Scienza in Mostra. Musei, Science Center e Comunicazione, Milano, 2007 1

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