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Valutazione di efficacia dei Programmi Urbani Integrati. I PRUACS in Puglia: speranza o realtà?

L’esigenza di un’adeguata risposta ai bisogni abitativi, crescenti e differenziati, delle fasce più deboli della popolazione è urgente e sta assumendo un carattere di vera e propria emergenza. Non si tratta solo di un problema di giustizia sociale, di ridurre il rischio di una loro esclusione dal contesto civile, ma anche di migliorare le condizioni per lo sviluppo armonico del Paese, aiutando la mobilità territoriale, costruendo processi concreti di integrazione, recuperando contenitori in via di abbandono ed elevando così la qualità stessa della vita all’interno dei quartieri del paese.
L’Italia fa parte di quei Paesi dove il divario tra i due comparti abitativi è decisamente più accentuato, sia in termini di qualità che di offerta, e che la porta ad essere, in questo ambito, il Paese con minor copertura sociale in Europa. Le dinamiche interne, peraltro, risultano fortemente differenziate a seconda della regione o dell’ambito territoriale. Nel panorama europeo l’Italia ha forme
d’intervento abitative non dissimili dalla Francia e dalla Gran Bretagna, pur se con modelli e tempi d’intervento diversi. Già dagli anni Ottanta la proprietà è andata crescendo, dapprima al 36%, sino a toccare il 72% nel 2000; allo stato attuale siamo a circa l’85-87% di abitazioni di proprietà in persona fisica.
Sarebbe un segnale di per sé positivo, visti anche gli aumenti di acquisti delle prime case, come registrato dal Censis ultimamente, se il declino del comparto in affitto non lasciasse scoperta una parte della domanda. In termini di offerta l’affitto è sceso oggi a circa il 20% sul totale nazionale e con canoni sempre più incidenti sui redditi. Si tratta principalmente di abitazioni di proprietà in persona fisica affittate a terzi.
Ne risulta una politica tesa a realizzare da sempre abitazioni di proprietà - i cui costi sono andati aumentando negli ultimi anni - e pochissime abitazioni in affitto e sociali. Non mancano interventi agevolativi, previsti ad esempio dalla legge 431 del dicembre 1998, che prevede contributi integrativi agli affittuari meno abbienti per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari di immobili, contributi ritenuti però ancora insufficienti.
Sembra mancare inoltre l’offerta per la domanda di diverse fasce d’utenza: da quella marginale, quali ad esempio anziani ed immigrati, a quelle fasce di reddito non necessariamente di emergenza o estreme, ma che non riescono ad avvicinarsi al mercato abitativo: famiglie monoreddito, famiglie con a carico uno o più anziani, famiglie monogenitoriali, studenti, ovvero tutta quella fascia “intermedia” non in grado di accedere al comparto in affitto perché di reddito eccedente a quello previsto dalla Regione o dal Comune, e non in grado di
accedere al comparto privato perché troppo oneroso. Ed è su questo tipo di utenza che le politiche abitative devono anche muoversi ed in realtà, nonostante l’Europa cerchi di dirigere l’orchestra da tempo, il primo vero concerto si sta tenendo ora, grazie al bando PRUACS che porta già nel nome tutti i principi dello sviluppo socio economico del concetto dell’abitazione.

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Capitolo 1: Passaggio delle competenze sulla casa alle regioni 1 CAPITOLO 1 PASSAGGIO DELLE COMPETENZE SULLA CASA ALLE REGIONI Il quadro di riferimento per le politiche abitative è profondamente cambiato. Il ritiro dello Stato dal settore con il passaggio delle competenze alle Regioni è coinciso con un ampliamento inatteso dell’area dei bisogni abitativi e con una prolungata e forte crescita dei prezzi immobiliari. Come noto è anche definitivamente entrato in crisi il modello di intervento tradizionale basato sul PEEP e sull’esproprio. Di qui la difficoltà delle amministrazioni a far fronte a fabbisogni sociali in crescita non potendo più disporre di aree a basso costo né di finanziamenti adeguati. Alcune Regioni hanno tentato faticosamente di rispondere in modo nuovo a questi bisogni e, recentemente, anche lo Stato è rientrato nel settore, con la legge 9/2007 e la finanziaria 2008 fino ad arrivare agli incerti passi dell’ultimo Piano Casa. L’insieme di questi provvedimenti configura un quadro di non facile lettura, ancora privo di sperimentazioni significative e che le amministrazioni faticano ad utilizzare nelle sue potenzialità, mentre l’urgenza di far fronte a una vera emergenza sociale richiede una risposta qualitativa e quantitativamente valida. D’altro canto non mancano gli aspetti positivi: questo importante passaggio delle responsabilità alle Regioni coincide con una politica di decentramento più complessiva, costringendo ad una maggiore integrazione fra le attività.

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