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Approccio infermieristico al paziente con disforia di genere: una revisione della letteratura

Background: la persona con disforia di genere percepisce una forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello presente alla nascita, condizione che provoca grande sofferenza. L’infermiere è tenuto a fronteggiare gli ostacoli che l’assistenza a tale delicata tipologia di paziente può creare, attraverso un approccio adeguato e competenze cliniche specifiche.

Obiettivo: l’obiettivo della revisione è effettuare una ricognizione della letteratura scientifica circa gli studi condotti in merito alla preparazione ed al livello di conoscenza del personale infermieristico relativamente all’approccio al paziente con disforia di genere al fine di poterne valutare l'adeguatezza. Metodi: è stata effettuata una revisione narrativa della letteratura utilizzando le banche dati PubMed e CINAHL Complete.

Risultati: dai risultati si evince che la preparazione e la formazione infermieristica in merito alle tematiche di salute transgender non siano ancora pienamente adeguate rispetto alle peculiari esigenze di assistenza.

Conclusioni: la persona con disforia di genere necessita di un approccio di cura sensibile, attento e personalizzato. L’infermiere ricopre un ruolo strategico nell’interazione ed è colui che, con il proprio approccio, può cambiare la percezione del paziente in termini di fiducia e collaborazione attiva.

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1 CAPITOLO 1 PANORAMICA SULLA DISFORIA DI GENERE 1.1 Transessualismo tra storia e cultura Come definisce Sandri (1), “il Transessualismo comporta il rifiuto del proprio genere biologico che viene occultato e vincolato attraverso comportamenti evitanti o mascheramenti che sottendono una sofferenza psicologica”. Dal punto di vista pratico, tale angoscia viene affrontata nella scelta degli abiti e nell’assunzione di comportamenti che caratterizzano il sesso biologicamente opposto. Spesso il disagio e la sofferenza relativa all’identità possono spingere la persona a chiedere la modifica degli organi sessuali attraverso interventi chirurgici (Riassegnazione Chirurgica del sesso) e a presentare richiesta, in ambito legale, di cambio del nome (1). Stando alle recenti direttive del DSM-V (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e dell’ICD10 (International Classification of Diseases), “la persona transessuale manifesta una Disforia di Genere, termine descrittivo che specifica un disagio di tipo affettivo/cognitivo in relazione al genere definito in senso biologico”. Per quanto concerne la manifestazione della condizione, il DSM-V riporta evidenze che dimostrano in alcuni casi delle componenti transessuali già nei primi anni di vita, intorno ai 2-4 anni. Nel 1998 viene proposto dal Dott. Di Ceglie l’acronimo AGIO (Atypical Gender Identity Organization) per identificare quelle formazioni atipiche dell’Identità di Genere che si sviluppano nel bambino molto precocemente. Tuttavia, l’insorgenza della condizione sembra riscontrarsi con maggior frequenza durante il periodo dell’adolescenza o della prima età adulta, più di rado a sviluppo avanzato. È comunque opportuno sottolineare come le statistiche riportate siano state elaborate sulla base di un numero tuttora relativamente limitato di studi che siano in grado di valutare l’insorgenza del fenomeno “Transessualismo” su una popolazione campione ampia e lungo un arco di tempo adeguato. Gli studi sul fenomeno in oggetto, inoltre, sono di difficile applicazione data la frequente introiezione dello stigma sociale correlato all’identità sessuale subito dalle persone con disforia di genere, le quali sono spesso portate a celare la propria condizione ben oltre il momento dell’effettiva consapevolizzazione. Da tali considerazioni

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Parole chiave

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disforia di genere
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nursing education
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