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Uso pubblico della storia e rappresentazioni sociali della Resistenza - Un'indagine tra gli insegnanti di scuola secondaria superiore

L’idea di questa ricerca viene da un’intervista1 a Giovanni De Luna, pubblicata nelle pagine culturali del quotidiano La Repubblica, nella quale lo storico parlava di uso pubblico e uso politico della storia, di senso comune, di riabilitazioni, di foibe, di memorie collettive e identitarie, di Porta a Porta e antifascismo. Il tutto proprio sulle pagine di un mezzo di comunicazione di massa per eccellenza. Impossibile non cogliere la quantità di stimoli provenienti da quelle pagine. Più difficile cercare di filtrarli, selezionarli e ricomporli in un disegno di ricerca mirato, non dispersivo, ma che riuscisse, o se non altro provasse, ad affrontare il rapporto fra comunicazione di massa e memoria storica.
L’ambito in cui si colloca l’indagine è dunque quello dell’analisi degli effetti a medio e lungo termine della presenza e dell’accessibilità di molteplici messaggi veicolati dal sistema dei media. È questo un ambito problematico, soprattutto quando lo si affronta attraverso un’indagine empirica, dal momento che, superata ormai la concezione ingenua che per lungo tempo ha dipinto i media come aghi che iniettano messaggi in spettatori impotenti, negli anni è emersa con chiarezza la complessità dei contesti e delle modalità reali di appropriazione dei messaggi. Sul lungo e medio termine in particolare è difficile identificare le influenze, reciproche, fra senso comune e senso mediale, dal momento che l’informazione, una volta fruita ed “appropriata”, entra a far parte degli scambi comunicativi e delle interazioni sociali quotidiane in cui il senso comune costituito dalle rappresentazioni sociali è creato e ricreato.
L’oggetto della ricerca è dunque il senso comune riguardo alla Resistenza italiana, intesa in un’accezione allargata: non solo quei venti mesi che vanno dal settembre 1943 alla fine dell’aprile 1945, ma anche le loro implicazioni nella nascita della Repubblica e i nessi con le vicende della Seconda Guerra Mondiale. Non si tratta del senso comune della popolazione italiana ma di un gruppo in particolare, quello degli insegnanti, con caratteristiche proprie e del tutto specifiche.
Il quadro teorico di riferimento si riallaccia ad una serie di analisi sulle forme di costruzione della conoscenza sociale nel senso comune, riadattato al contesto specifico di indagine, che riguarda una “cerchia sociale” determinata, gli insegnanti. Si è quindi fatto riferimento al fenomeno delle rappresentazioni sociali così come sono proposte da Serge Moscovici (1989) e applicate in campo sociologico nello studio del “senso comune” dei “pensatori dilettanti” da Pina Lalli (1995; 2003a; 2003b). Le “rappresentazione sociali” della Resistenza sono già state del resto oggetto di altri studi. Nel 1997, ad esempio, il LANDIS (Baiesi et al. 1997) ha
condotto un’indagine fra i giovani, pur utilizzando un approccio metodologico che si differenzia in parte da quello adottato in questa ricerca.
Quello che segue è il percorso scelto per illustrare la ricerca.
Nel Capitolo 1 si ripercorre a grandi linee l’evoluzione del racconto e della memoria della Resistenza dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri e si introduce il tema che costituisce l’interrogativo di questo lavoro, l’uso pubblico della storia, con attenzione alle sue declinazioni sulla stampa, in televisione e negli altri mass media.
Nel Capitolo 2 viene presentato il metodo con cui è stata realizzata la ricerca con riferimento anche alla scelta del tipo di campione intervistato mediante questionario e alle sue caratteristiche.
Nel Capitolo 3 si espongono e si commentano i dati quantitativi emersi relativamente all’inserimento degli intervistati all’interno di differenti gruppi e contesti comunicativi e, nel dettaglio, alle loro abitudini di fruizione mediatica, con particolare attenzione ai contenuti di argomento storico o storiografico.
Nel Capitolo 4, la parte più analitica del lavoro, si presentano le riflessioni relative ai dati qualitativi emersi attraverso le domande aperte e due items presenti nel questionario volti ad indagare alcuni aspetti di ancoraggio delle rappresentazioni sociali della Resistenza.
Le Conclusioni infine presentano alcune riflessioni e considerazioni ispirate dall’analisi condotta nei Capitoli 3 e 4 e cercano di arricchire con nuovi spunti l’interrogativo da cui la ricerca era partita. L’indagine sugli esiti dell’uso pubblico della storia ha infatti portato alla luce elementi di tensione e di trasformazione a proposito della rappresentazione sociale della Resistenza. Ad accrescere questa tensione contribuisce il difficile equilibrio fra le tante dimensioni e i molti piani della storia e della memoria. Ed è altrettanto significativo come l’immaginario moderno della guerra e un generalizzato rifiuto della violenza sembrino interagire con l’interpretazione della lotta di liberazione espressa dagli intervistati.
Nella sezione di Allegati: tabelle complementari e il testo del questionario con le relative frequenze di risposta.

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4 Introduzione L’idea di questa ricerca viene da un’intervista 1 a Giovanni De Luna, pubblicata nelle pagine culturali del quotidiano La Repubblica, nella quale lo storico parlava di uso pubblico e uso politico della storia, di senso comune, di riabilitazioni, di foibe, di memorie collettive e identitarie, di Porta a Porta e antifascismo. Il tutto proprio sulle pagine di un mezzo di comunicazione di massa per eccellenza. Impossibile non cogliere la quantità di stimoli provenienti da quelle pagine. Più difficile cercare di filtrarli, selezionarli e ricomporli in un disegno di ricerca mirato, non dispersivo, ma che riuscisse, o se non altro provasse, ad affrontare il rapporto fra comunicazione di massa e memoria storica. L’ambito in cui si colloca l’indagine che è qui presentata è dunque quello dell’analisi degli effetti a medio e lungo termine della presenza e dell’accessibilità di molteplici messaggi veicolati dal sistema dei media. È questo un ambito problematico, soprattutto quando lo si affronta attraverso un’indagine empirica, dal momento che, superata ormai la concezione ingenua che per lungo tempo ha dipinto i media come aghi che iniettano messaggi in spettatori impotenti, negli anni è emersa con chiarezza la complessità dei contesti e delle modalità reali di appropriazione dei messaggi. Sul lungo e medio termine in particolare è difficile identificare le influenze, reciproche, fra senso comune e senso mediale, dal momento che l’informazione, una volta fruita ed “appropriata”, entra a far parte degli scambi comunicativi e delle interazioni sociali quotidiane in cui il senso comune costituito dalle rappresentazioni sociali è creato e ricreato. L’oggetto della ricerca è dunque il senso comune riguardo alla Resistenza italiana, intesa in un’accezione allargata: non solo quei venti mesi che vanno dal settembre 1943 alla fine dell’aprile 1945, ma anche le loro implicazioni nella nascita della Repubblica e i nessi con le vicende della Seconda Guerra Mondiale. Non si tratta del senso comune della popolazione italiana ma di un gruppo in particolare, quello degli insegnanti, le cui caratteristiche insieme alle ragioni che hanno portato alla sua scelta verranno meglio esplicitate in seguito (Capitolo 2). 1 Fiori S. “La politica della memoria. Intervista a Giovanni De Luna” - La Repubblica - 24/11/2005

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