Controllo della qualità del servizio museale italiano. Raffronto tra i programmi di certificazione di qualità e procedure di accreditamento adottate dall’American Association of Museums (A.A.M.) negli Stati Uniti e dal Museum and Galleries Commition (M.G.C.) nel Regno Unito in contrapposizione alla realtà italiana.
Considerando il titolo della tesi era opportuno spendere due parole sugli “standard di qualità” che sono definiti, per la maggior parte delle situazioni, come valori attesi per un determinato indicatore. Secondo alcuni autori, nella riflessione italiana sugli standard in ambito di musei, sono stati saltati i passaggi preliminari alla individuazione degli standard stessi: in primo luogo l’identificazione dei “fattori di qualità”, elementi rilevanti per la percezione della qualità del servizio e in secondo luogo l’individuazione di “indicatori”, cioè dei criteri di misura che si riferiscono ai singoli fattori di qualità. In ogni caso comunque si è avviato da qualche anno un dibattito sugli standard museali che ha visto il realizzarsi di momenti di incontro dai quali è stata raggiunta una convergenza di punti di vista su alcune questioni. Gli standard non devono essere una norma che si sovrappone a quelle già esistenti, ma devono tradursi in obiettivi legati ai processi di miglioramento delle strutture e non solo esclusivamente all’erogazione di finanziamenti. Non si tratta esclusivamente di raccomandazioni, di indicazioni generali, di buone intenzioni, bensì di un complesso di azioni, di obiettivi di riferimento e di procedure che contengono al loro interno gli strumenti per la misurazione del raggiungimento dei livelli di qualità indicati come minimi indispensabili e come obiettivi di adeguato funzionamento. Recenti proposte regionali, sull’esperienza più che decennale del Registration Scheme inglese, adeguandosi alla legislazione italiana hanno indicato il questionario di autovalutazione strumento necessario attraverso il quale i musei sono chiamati ad analizzare la propria situazione a partire dai requisiti minimi precedentemente individuati, portando così alla luce punti di forza e punti di debolezza e quindi per indirizzarne l’adeguamento, lo sviluppo e il miglioramento. Secondo alcuni autori il pubblico vede il museo come un edificio multiuso e come tale richiede una visibilità nuova e spazi adeguati alle rinnovate esigenze. In questa nuova prospettiva l’originaria funzione del museo e cioè l’esposizione di oggetti, sembra passata in secondo piano. Sono convinto che ampliare i servizi offerti è sicuramente un’azione positiva nei confronti del museo ma considerarlo “intrattenimento culturale a dimensione di discoteca e per un buon caffè” (Hugh Pearman) farebbe disorientare il pubblico soprattutto nei confronti delle esposizioni allestite e del relativo valore culturale. Un museo, nella sua accezione più evoluta e moderna, deve essere in grado di esercitare tutte le funzioni proprie della gestione dei beni culturali, che il legislatore ha individuato nella tutela, gestione e promozione. La qualità di un museo non deriva soltanto dalla rilevanza del patrimonio e dei beni contenuti, ma anche dalla capacità di fornire servizi, di promuovere ricerca e cultura, di qualificare lo sviluppo del territorio circostante. Allo stesso modo la struttura museale dovrebbe applicare procedure standard condivise nella gestione dei musei per evitare di mettere le collezioni al rischio di azioni improvvisate e che non garantiscono una competenza scientifica. L’obiettivo principale di questo lavoro è stato quello di proporre una serie di documenti, da adottare in differenti situazioni, sulla base di un confronto con le procedure adottate in America (American Association Museum - A.A.M.) e in Inghilterra (Registration Scheme). Principalmente non si tratta di nuova documentazione, ma semplicemente di strumenti guida che gli stessi direttori e funzionari dei musei, in qualche modo, hanno già avuto modo di utilizzare. La novità di questo approccio è quella di tentare di portare a condividere questa documentazione da tutte le strutture museali per poter garantire un servizio migliore e allo stesso modo quello di raggiungere un livello di qualità apprezzabile ed una migliore credibilità pubblica. Per giungere ad una situazione così descritta non bisognerebbe solo rendere condivisibili alcune procedure e documentazioni ma attuare un programma di accreditamento che riconosca l’eccellenza all’interno della comunità museale promuovendo le pratiche migliori e la più stretta rispondenza alla funzione di pubblico museale. L’accreditamento dovrebbe in qualche modo certificare che l’istituzione opera a tutti i livelli secondo i più elevati e attuali standard e pratiche professionali adempiendo ai propri doveri nei confronti del pubblico così come prevede la missione. Dopo un breve cenno alla più recente riforma nell’ambito dei beni culturali, il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n° 42) che risponde in primo luogo ad esigenze di aggiornamento delle norme di settore non più adeguate a regolare i fenomeni della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, ho analizzato la situazione della normativa regionale italiana nell’ambito della regolamentazione dell’attività degli istituti museali.
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Informazioni tesi
Autore: | Massimo Frumento |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Storia dell'arte e valorizzazione del patrimonio artistico |
Relatore: | Maria teresa Orengo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 335 |
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