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Il dilemma di Monty Hall: ragionamento estensionale sulla probabilità. Evidenza sperimentale e critica ragionata di una teoria.

L’esperimento si propone di analizzare il ragionamento probabilistico ingenuo. Come ragionano le persone che non hanno un’approfondita conoscenza del calcolo probabilistico di fronte a un compito di tale natura? Come e perché raggiungono delle corrette o errate conclusioni?
Secondo la Teoria dei Modelli Mentali applicata al ragionamento probabilistico ingenuo (Johnson-Laird e al., 1999), gli individui che non hanno familiarità con il calcolo bayesiano (ragionatori ingenui o naive) possono inferire la probabilità di un evento in modo estensionale: calcolano la probabilità dell’evento enumerando tutti i possibili modi in cui esso si può verificare (entro i limiti dettati dalla memoria operativa). Questa tipologia di ragionamento è puramente deduttiva.

Il presente esperimento riguarda, più nello specifico, il problema di Monty Hall, un compito formalmente molto semplice, ma incredibilmente complesso da risolvere. Esso, equivalente al dilemma dei tre prigionieri (Shimojo e Ichikawa, 1989), è stato presentato a un gruppo di soggetti nella sua versione più classica e in una variante da me ideata.

L’intento della presente ricerca sperimentale è duplice. Inizialmente è stato verificato che la teoria è effettivamente in grado di spiegare le risposte date dai partecipanti al problema di Monty Hall classico. Successivamente si è indagato se esistesse un modo, compatibilmente con gli assunti di base della teoria, per far giungere più facilmente i soggetti alla corretta conclusione. A tale scopo è stata somministrata la versione alternativa del compito ad un differente gruppo di partecipanti, assegnati casualmente alla condizione sperimentale. In sede di analisi dei dati si è osservato che esiste associazione tra la condizione sperimentale e la risposta finale al dilemma di Monty Hall (p < 0.05).

In conclusione, sebbene si possa ritenere che la teoria applicata al ragionamento probabilistico ingenuo presenti alcune lacune, si può comunque affermare di essere riusciti a mettere in atto un approccio pedagogico - fondamentale per qualsiasi teoria del ragionamento - che permetta ai ragionatori di comprendere la natura del problema di Monty Hall. Ciò è stato possibile, compatibilmente con gli assunti fondandi della teoria di riferimento, manipolando i modelli mentali dei partecipanti.

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5 1. Il problema di Monty Hall 1.1. Razionalit limitata La vita di tutti i giorni Ł caratterizzata dalla necessit di dover operare scelte, piø o meno consapevoli. Se si tratta di tentare di anticipare un evento, ragionevolmente ognuno di noi Ł portato a optare per l alternativa che soggettivamente pensa si verificher con piø probabilit . A ben pensarci pas siamo l intera nostra esistenza cercando di capire la realt , ovvero tentando di costruire possibili scenari futuri che avranno, a seconda delle nostre informazioni, una maggiore o minore probabilit di verificarsi. In base a queste nostre convinzioni ci muoviamo nel presente, con la tranquillizzante convinzione che il futuro non sia poi cos imprevedibile. Lo psicologo Daniel Kahneman, insieme al collega Amos Tversky, ha dedicato buona parte della sua carriera di ricercatore cercando di chiarire che cosa spinga l uomo che si trovi in condizioni di incertezza a scegliere per un alternativa piuttosto che per un altra. Il punto di partenza del problema era stampato a chiare lettere in tutti i manuali di Scienze Economiche: l homo economicus. Una sorta di calcolatore iper-razionale in grado di tenere sotto controllo numerose variabili, in modo da optare per la migliore scelta possibile, ovvero, in termini economici, di operare la scelta che producesse massimo profitto con la minima perdita. Il tutto assumendo aprioristicamente che l uomo avesse una conoscenza perfettamente consapevole di tutte le suddette variabili. Di conseguenza eventuali errori di ragionamento erano spiegati dall errata conoscenza delle stesse, o addirittura assumendo che, al fine di spiegare il comportamento economico e il funzionamento dei mercati, le deviazioni dalla raz ionalit fossero trascurabili (Motterlini e Piattelli Palmarini, 2005). Questa posizione, fin troppo estremista, ricorda da vicino i tempi in cui in ambito psicologico si discuteva, molto animatamente, se il cervello umano potesse essere considerato un elaboratore elettronico. Il merito di Kahneman e Tversky fu di non essersi fermati ad una semplice critica delle teorie economiche classiche da un punto di vista esclusivamente epistemologico. Essi raccolsero miriadi di evidenze empiriche che dimostravano che le lunghe equazioni, che gli economisti pensavano venissero utilizzate istantaneamente ogni volta che ci si trovasse di fronte a un problema decisionale, non

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probabilità
psicologia cognitiva
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