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Per un turismo culturale in Gallura

L’Italia, nonostante i molti vincoli posti in materia di tutela e promozione, non riesce a governare bene il proprio paesaggio, in quanto non ha tuttora saputo trovare soluzioni convincenti nella prospettiva di una positiva convergenza tra politiche del paesaggio e politiche del territorio e dello sviluppo locale, una convergenza equilibrata che non sacrifichi ne le istanze della tutela né quelle dello sviluppo, e che anzi assuma il paesaggio come risorsa anche economica (Clementi 2004).
Dal punto di vista dell’offerta di Beni Culturali, l’Italia detiene più del 50 per cento del patrimonio storico mondiale e ciò si traduce in un potenziale vantaggio competitivo (Van der Borg, Costa 2005). Tuttavia il Paese viene contraddistinto come quello che possiede il più basso grado di utilizzazione di tali risorse.
Il turismo culturale è un fenomeno che in questi ultimi anni, nell’ambito dell’industria turistica in generale, sta riscuotendo sempre maggiore successo anche grazie al sempre maggiore interessamento dimostrato dalle Autorità politiche locali, nazionali e internazionali.
Oltre a disegnare un sintetico e funzionale quadro di riferimento, scopo della presente ricerca è quello di valutare se, attraverso coerenti strategie di sviluppo, il patrimonio culturale-ambientale della Gallura possa tramutarsi in effettivo vantaggio competitivo, così come auspicato dai Ministri Europei della Cultura; si tratta di obiettivi formulati dal trattato di Maastricht del ’92, il quale per la prima volta ha riconosciuto formalmente la dimensione culturale dell’integrazione europea. In questo senso l’Unione Europea persegue un duplice obiettivo: tutelare e sostenere questo patrimonio e contribuire a garantirne l’accessibilità.
In particolare si vuole valutare se esso possa diventare uno strumento nuovo e alternativo di sviluppo del comparto turistico e quindi fattore produttivo di occupazione e reddito.
Il Turismo Culturale in Gallura è potenzialmente strategico per tutto il settore turistico per un insieme di ragioni:
1. è un modello che si combina bene con il Turismo Rurale, in quanto entrambi possono svilupparsi a condizione che si sappiano valorizzare le risorse locali;
2. non entra in concorrenza con quello balneare, ma anzi diventa una risorsa supplementare e complementare al mare e alle coste, risorsa che, se ben sostenuta contribuirebbe all’allungamento della stagione turistica. I dati, raccolti da diversi enti pubblici e privati, confermano infatti che, nei periodi spalla (aprile-maggio e settembre-ottobre) le presenze sono caratterizzate da turisti innamorati della cultura locale dei luoghi visitati. Tuttavia, anche in alta stagione il turista amante del mare approfitta dei giorni di maltempo, sempre più frequenti nei periodi di punta, per visitare musei, siti archeologici e naturalistici.
Così, uno sviluppo di questo segmento contribuirebbe a limitare le stagionalità incrementando il T.U.L . Infatti, è ormai chiaro che il Turismo Balneare da solo non basta per garantire una crescita di lungo periodo del settore;
3. è un modello che contribuisce alla riduzione degli squilibri economici e territoriali creati invece dal turismo balneare. Infatti, sviluppare l’offerta verso il “segmento culturale” porterebbe indubbiamente vantaggi anche alle zone non costiere contribuendo tra l’altro a limitare lo spopolamento dei paesi dell’interno;
4. è un modello che non produce dissesti ambientali, ma agevola un processo di riqualificazione anche di quei territori che hanno subito profonde trasformazioni demografiche negative. Ciò contribuisce al mantenimento di un turismo Sostenibile, un turismo cioè che rispetti e preservi l’ambiente e le risorse culturali dei luoghi. Diverse iniziative sono state prese di recente dall’Unione Europea, quali la “bandiera blu per le spiagge”, gli ecomusei e tutta una serie di interventi a livello locale volti a trasformare il turismo attuale, caratterizzato da sovraffollamento e produzione massiccia di rifiuti, in Turismo Ecologico (Nano 2006).

Questa nuova forma di turismo, pur essendo ancora agli esordi, sta ottenendo dei risultati importanti. Risultati che, per il momento, hanno agevolato soprattutto quelle aree che erano già forti, anche a causa delle scarse connessioni tra queste aree e quelle più deboli. Tali lacune portano tre fondamentali ricadute negative in termini turistici:
- inadeguata valorizzazione delle culture locali;
- marginalità dell’offerta turistica nei luoghi meno sviluppati;
- scarsità di risorse finanziarie per inserire le culture locali nei tanto complessi, quanto attuali processi di globalizzazione (Mazzette 2002).

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3 PREMESSA L’Italia, nonostante i molti vincoli posti in materia di tutela e promozione, non riesce a governare bene il proprio paesaggio, in quanto non ha tuttora saputo trovare soluzioni convincenti nella prospettiva di una positiva convergenza tra politiche del paesaggio e politiche del territorio e dello sviluppo locale, una convergenza equilibrata che non sacrifichi ne le istanze della tutela né quelle dello sviluppo, e che anzi assuma il paesaggio come risorsa anche economica (Clementi 2004). Dal punto di vista dell’offerta di Beni Culturali, l’Italia detiene più del 50 per cento del patrimonio storico mondiale e ciò si traduce in un potenziale vantaggio competitivo (Van der Borg, Costa 2005). Tuttavia il Paese viene contraddistinto come quello che possiede il più basso grado di utilizzazione di tali risorse. Il turismo culturale è un fenomeno che in questi ultimi anni, nell’ambito dell’industria turistica in generale, sta riscuotendo sempre maggiore successo anche grazie al sempre maggiore interessamento dimostrato dalle Autorità politiche locali, nazionali e internazionali. Oltre a disegnare un sintetico e funzionale quadro di riferimento, scopo della presente ricerca è quello di valutare se, attraverso coerenti strategie di sviluppo, il patrimonio culturale-ambientale della Gallura possa tramutarsi in effettivo vantaggio competitivo, così come auspicato dai Ministri Europei della Cultura; si tratta di obiettivi formulati dal trattato di Maastricht del ’92, il quale per la prima volta ha riconosciuto formalmente la dimensione culturale dell’integrazione europea. In questo senso l’Unione Europea persegue un duplice obiettivo: tutelare e sostenere questo patrimonio e contribuire a garantirne l’accessibilità.

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