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Cloud Computing, quello che la tecnologia vuole

Nel corso della mia esperienza universitaria ho maturato un vivido interesse per le implicazioni socio-psicologiche della tecnologia, interesse che non è potuto che aumentare grazie alla collaborazione con il Professore Derrick De Kerckhove.
Ho presto imparato che lo sviluppo tecnologico non è dovuto al solo avanzamento tecnico, ma anche ad una maturazione psicologica e cognitiva tanto della tecnologia, tanto di chi la utilizza.
Ho riscontrato per questo motivo nel cloud computing non solo la forza metaforica che nasconde nell'etericità l'immanenza della nostra progressiva immersione nella nebulosa dei servizi ICT, ma una vera e propria rivoluzione del nostro essere nel/del mondo.
Se come scriveva Heidegger: "la tecnica non è semplicemente un mezzo. La tecnica è un modo di disvelamento" ho cercato di disvelare nel cloud computing l'asset socio-culturale che lo sorregge:
non solo potere economico e mercato, sviluppo tecnologico, ma anche nuove condizioni cognitive ed esperienziali, diverse elaborazioni spazio-temporali, e dunque nuove aperture di senso per una società e una persona digitale.
Con “Cloud Computing, quello che la tecnologia vuole” lancio una provocazione, perché se è lapalissiano affermare che non esiste un volere della tecnologia, se non quello che si co-produce reciprocamente nel processo dialogico con il sociale, è altresì evidente che la tecnologia segue per l'incremento della complessità e della specializzazione una tendenza evolutiva riscontrabile anche nell'evoluzione biologica della vita.
E la storia dell'evoluzione tecnologica è la Nostra storia, il nostro diventare organismo potenziato o, per l'appunto, Persona digitale.
Processo di lunghissima durata che inizia con la fornitura dell'energia elettrica, corrispettivo della struttura muscolare dell'Io elettronico, e che continua con l'introduzione della computazione che caratterizza l'evoluzione e la maturazione di una struttura neuronale simultanea ma estranea a quella biologica. Oggi, con il cloud computing, questa mente accresciuta non è solo memoria estesa, ma processore d'intelligenza.
Se quindi era doveroso illustrare le caratteristiche del cloud computing nella prima parte del lavoro, il focus della tesi è dedicato agli effetti di questo media ubiquo e liquido sull'architettura della conoscenza e della coscienza, effetti che ridefiniscono la natura stessa della persona, la sua individualità, il suo essere.
Innanzitutto ho delineato i contorni socio-economici della società digitale, caratterizzati dalla definitiva affermazione del modello della “long tail”, non solo propedeutico per il cloud ma alla base del suo successo. Ho evidenziato quali sono gli effetti del consumismo psicologico della tecnologia sull'individuo servendomi della nozione della “narcosi di Narciso” proposta da McLuhan, integrandola con la riflessione di Kierkegaard sul concetto dell'angoscia.
Successive riflessioni si concentrano sull'ambiente esperienziale quotidiano, inteso come processo attivo che muta completamente il contenuto.
A mio avviso una modificazione sostanziale è costituita dal passaggio dai “mondi possibili” (U. Eco) dei romanzi, dei film, dei programmi televisivi, alla “bassa discontinuità” che emerge tra offline e online: essi, infatti, si impongono come due livelli di un'esperienza unitaria e non come due mondi paralleli ed alternativi, in relazione problematica tra loro. Quindi ho cercato di rintracciare le forze
genealogiche di questo nuovo ambiente-mondo ricostruendo le tappe ed i meccanismi di sviluppo cognitivo delle tecnologie elettriche e digitali a partire dal telegrafo.
Altro punto cruciale d'analisi è la nozione di inconscio digitale rapportato a recenti eventi tratti dalla cronaca giornalistica, segnali deboli di futuro. A mio avviso questo inconscio è proteiforme e polisemico e non si esaurisce nell'operativizzazione dei dati sedimentati on-line.
In particolar modo propongo una riflessione sul significato inconscio del “linguaggio on-line”, una sorta di visible speech che contiene una dimensione latente che deve essere riconsiderata per preservare la comunicazione nell'era dei media sociali.

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Introduzione La metafora del cloud computing è l'ultima dei prodotti di uno specifico simbolismo. Sicuramente la sua enfasi sull'etericità è testimone di quella dimensione globale tipica dell'epica elettronica, che con gli slogan dell' anything, anywhere, anytime ha la pecca di nascondere nella trascendenza l'immanenza delle sue logiche 1 . In questo senso, il “cloud 2 ” diventa metafora della nostra progressiva immersione nella nebulosa dei servizi ITC (Information and Communication Technology) e della loro pervasiva insedimentazione nelle normali pratiche di vita, nel lavoro e nel tempo libero. Ma se il futuro è la “nuvola”, nel cielo siamo giunti con anni di progressiva assimilazione e fidelizzazione con servizi quali l'email, Google, Skype, YouTube, Twitter, Wikipedia, MySpace, SecondLife, Warcraft, solo per citare alcuni delle centinaia di servizi caratteristici dell'epopea del Web 2.0. Non è un caso, infatti, se alcuni osservatori considerano il cloud come un'abile trappola del marketing (Richard Stallman 3 ), come il tentativo di ottenere economie di profitto da servizi già esistenti ed utilizzati da milioni di persone in ogni angolo del pianeta. D'altronde, le aziende che cercano da anni un nuovo modello di business per la Rete, dopo la rovinosa caduta della web-economy avvenuta a cavallo degli anni 2000, hanno trovato nel cloud uno strumento da utilizzare per procedere ad una lucrosa industrializzazione del settore ITC. Ma questo non è l'unico motivo dell'affermazione del cloud computing. Se come scriveva Heidegger: <<la tecnica non è semplicemente un mezzo. La tecnica è un modo di disvelamento 4 >>, dis-velare l'essenza di una tecnologia 1 Petullà L. (2009), Media e computer liquidi, Lampi di stampa, Milano. 2 Userò in alcuni casi il termine “cloud” come abbreviazione di Cloud Computing, in altri ancora potrei preferire la traduzione italiana “nuvola” come sinonimo. 3 Stallman R. (2011) – http://stallman.org/ 4 Heidegger M (1976), Saggi e discorsi, Mursia, Milano. 1

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