Il Sistema produttivo Toyota: l'evoluzione di ieri, i limiti di oggi, le prospettive per il domani
In questa tesi ho esposto il modello produttivo Toyota, nato nei lontani anni ’40 del Novecento, grazie al continuo impegno di Taiichi Ohno e del management della Toyota. Ho mostrato ciò che Ohno ha ideato, dal “just in time” all’“auto attivazione”, dal “kanban” al “kaizen”, fino al rapporto del lavoratore con l’azienda, il continuo coinvolgimento alla produzione, la caccia agli sprechi e la ricerca della perfezione. E’ un modello produttivo adeguatosi alla realtà economica, salvando così dalla crisi prima la Toyota e poi il Giappone. I sorprendenti risultati ottenuti in Giappone hanno causato un trascinante entusiasmo in tutto il mondo occidentale grazie al lavoro di divulgazione di due autori americani, Womack e Jones, che comunque hanno approfondito meno tutto ciò che interessa il rapporto tra l’operaio e l’azienda, ritenendo che quest’ultimo aspetto possa essere facilmente modificato con l’applicazione di una politica risoluta e dura da parte del management.
Non è sufficiente imporre i principi del modello Toyota per consentirne la concreta applicazione, perchè in alcuni casi aziendali particolari è impossibile una penetrazione totale del modello stesso. Riguardo la FIAT di Melfi, nonostante lo sforzo del management nella realizzazione di determinati rapporti con i sindacati, i risultati sono stati completamente diversi. Questa volontà della FIAT era motivata dal fatto che l’esperienza giapponese mostrava un sindacato d’impresa che si allineava facilmente alle scelte del management, realizzandosi una convivenza molto tranquilla e assai diversa da quella “turbolenta” che caratterizza l’esperienza italiana.
Si è osservato che, nel lungo periodo, a Melfi si è fatto largo un rapporto di contrasto tra i sindacati e il management. Questo ci ha dimostrato come sia difficile l’esportazione in toto del modello Toyota, e come nello stesso abbia molta rilevanza tutto ciò che riguarda l’operaio in relazione all’azienda – tipo di sindacato, coesione col management, ecc. Questa difficoltà di esportazione è dovuta al fatto che il modello Toyota impone enormi sacrifici per gli operai, stimolati a rendere sempre di più per l’azienda.
Inoltre, secondo una pesante critica, il toyotismo altro non sarebbe che un modo più subdolo di “sfruttare” le risorse umane e psichiche dell’operaio, e in questo non si differenzierebbe dal taylor-fordismo. Il caso della FIAT di Melfi può essere un buon esempio di come il modello Toyota non abbia un’esportabilità universale, ma necessita di precise condizioni per un’adozione completa, quali un sindacato d’impresa, la disponibilità dell’operaio a dover rendere sempre di più in azienda, ecc. La non universalità del modello Toyota comporta un’adozione parziale dello stesso in realtà diverse da quella giapponese.
Si creano così diverse forme di modello Toyota, in base alla capacità dello stesso di penetrare o meno nel contesto aziendale, dovendo convivere con forze contrastanti, in primis il sindacato. Le stesse forze che derivano da un preciso contesto, col tempo hanno finito per avere maggiore rilevanza anche in Giappone, sia per motivi economici – la globalizzazione e l’attuale crisi – sia per motivi socio-culturali – rottura col passato conformista della nuova generazione nipponica.
Il modello Toyota potrà avere un uso e un ruolo nella storia futura dell’economia mondiale, soltanto con la consapevolezza delle inevitabili trasformazioni a cui dovrà essere sottoposto. I principi della partecipazione attiva dell’operaio, di un modo di produrre che parte dalle necessità espresse dai consumatori, nonché l’organizzazione produttiva in azienda, sono tutti principi del modello Toyota che possono ritenersi validi strumenti per affrontare i problemi attuali dell’economia.
Per gli altri – stimolo continuo al “kaizen”, “sfruttamento” eccessivo dell’operaio, ecc. – si deve avere la necessaria consapevolezza dei limiti, di come sia indispensabile agire con moderazione, con la consapevolezza che alcuni aspetti del modello produttivo hanno bisogno di un'applicazione “moderata”, che rivaluti veramente l’operaio e la sua integrità psico-fisica sul posto di lavoro. Coscienti di questo, il modello Toyota potrà continuare ad avere un ruolo importante in ambito internazionale, riducendo l’ottimismo riguardo la sua presunta assoluta esportabilità e infallibilità.
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Informazioni tesi
Autore: | Daniele Timperio |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni Internazionali |
Relatore: | Francesco Chiarello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 150 |
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