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Semantic Web strutturazione dell’informazione e rappresentazione della conoscenza

Il problema che ha ispirato questo lavoro è l’evidente distacco emergente tra “scienze della mente” (come la psicologia, la scienza cognitiva) e “tecnologie della mente” (ad esempio l’informatica, intesa come estensione delle capacità di problem solving ed elaborazione dell’informazione umana). Il fatto è che, finora, strumenti e applicativi software sono stati progettati secondo criteri di ispirazione ingegneristica più che cognitiva, focalizzandosi sulla produttività aziendale e trascurando la loro effettiva aderenza a criteri di usabilità e continuità cognitiva rispetto all’utente finale. Tutto ciò è vero anche per quel enorme serbatoio di conoscenze che è internet (il World Wide Web), conoscenze, tuttavia, che sono solo raramente e superficialmente organizzate e contestualizzate. Alcune evoluzioni software (linguaggi di marcatura per ipertesti quali XML, RDF, per citarne alcuni, e motori di ricerca ad essi ispirati) si propongono come soluzione alla disorganizzazione venutasi a creare dalla massificazione dell’uso di internet, proponendo un metodo nuovo di progettazione, gestione e navigazione dei contenuti digitali. Tale metodo chiama in causa la semantica e la differenziazione logica delle parti che compongono un documento elettronico di seconda generazione, così da avere informazione strutturata, alla quale è anche possibile attribuire un eventuale significato. Questo Web di seconda generazione che si va così delineando, prende il nome di Semantic Web (termine coniato dall’inventore del World Wide Web, Tim Berners Lee).

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2 I I N T R O D U Z I I O N E Immaginate di trovarvi in una libreria. Avete necessità, per esempio, di trovare informazioni rispetto alla memoria di lavoro, solo che i libri qui presenti non hanno nessuna indicazione in copertina (niente titoli, sottotitoli, autori, ecc.) e gli scaffali sono ugualmente senza indicazioni di alcun tipo. Bene, se siete abbastanza coraggiosi e avete davanti a voi l’eternità, potreste, quindi, cominciare a leggere uno per uno tutti i volumi presenti nella libreria, alla ricerca delle parole chiave “memoria” e “lavoro”. Essendo parole molto comuni, probabilmente, le incontrereste nella maggior parte dei libri, spetta, quindi, a voi contestualizzare le informazioni che trovate e, dopo aver fatto una cernita alquanto laboriosa, concentrarvi, per una selezione più fine del materiale, alla ricerca delle ormai tanto agognate parole “memoria” e “lavoro”, opportunamente giustapposte. Faticoso vero? Beh, è quello che succede al giorno d’oggi quando si vuole reperire un’informazione sul Web, utilizzando i motori di ricerca. Questi agenti software, infatti, si comportano proprio come il su descritto sventurato quando qualcuno gli fa una richiesta di informazioni. Il problema che ha ispirato questo lavoro è l’evidente distacco emergente tra “scienze della mente” (come la psicologia, la scienza cognitiva) e “tecnologie della mente” (ad esempio l’informatica, intesa come estensione delle capacità di problem solving ed elaborazione dell’informazione umana). Il fatto è che, finora, strumenti e applicativi software sono stati progettati secondo criteri di ispirazione ingegneristica più che cognitiva, focalizzandosi sulla produttività aziendale e trascurando la loro effettiva aderenza a criteri di usabilità e continuità cognitiva rispetto all’utente finale. Tutto ciò è vero anche per quel enorme serbatoio di conoscenze che è internet (il World Wide Web), conoscenze, tuttavia, che sono solo raramente e superficialmente organizzate e contestualizzate. Alcune evoluzioni

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