La disciplina della pesca ai fini della tutela ambientale
Scheda introduttiva della Tesi di laurea in Diritto dell’ambiente
dal titolo:
“La disciplina della pesca ai fini della tutela ambientale”
dott.ssa Concetta Berardi
La pesca e la difesa della natura.
La pesca è l’attività intesa alla ricerca e alla cattura degli organismi animali o vegetali che vivono in un ambiente acquatico (pesci, molluschi, crostacei, pinnipedi, cetacei, spugne, coralli, ostriche perlifere, alghe, ecc.), per uso alimentare, commerciale o industriale. Per cattura si intende ogni forma di raccolta di tali organismi. Sono attrezzi da pesca gli strumenti e gli apparecchi destinati alla cattura (ad es. reti, ami, ecc.).
Il maggior impatto che l’attività umana provoca sull’ambiente consiste nel sovrasfruttare le sue risorse biologiche: nessuna forma d’inquinamento è paragonabile all’impatto che deriva dalla rimozione di circa 70-80 milioni di t/anno di pescato dall’ecosistema mare, valore che sembra molto vicino alla soglia massima accettabile.
Una corretta gestione delle risorse biologiche si basa sul presupposto che l’ammontare della biomassa raccolta deve essere proporzionale (e comunque sempre inferiore) alla capacità di rinnovo dell’ecosistema. È opportuno ricordare che pur esistendo una relazione tra sforzo di pesca e catture non significa aumentarlo oltre un certo limite, in quanto le catture non solo non aumentano, ma diminuiscono. Il problema principale è dunque quello di comprendere quali mezzi siano necessari per ottimizzare la produzione, cercando di bilanciare i benefici sociali (reddito, opportunità occupazionali, mercato).
La legge sulla pesca marittima del 1965 (ed il successivo regolamento del 1968) distinse la disciplina dei soggetti: pescatori od imprese, da quella dell’oggetto: le risorse biologiche.
È infatti la prima volta che l’oggetto della pesca viene preso in considerazione e tutelato direttamente dalla legge quale “bene” cioè cosa già disponibile ancorché nella sua globalità.
Secondo Giulio Scarfati ”le possibili cause di danneggiamento delle ricchezze biologiche del mare risiedono ben più che in qualsivoglia atto di pirateria peschereccia nelle gravi forme di inquinamento provocate dagli incidenti del traffico delle petroliere, dall’incendio dei pozzi petroliferi marini, dal versamento delle sostanze chimiche venefiche provenienti dalle industrie e trasportate in mare dai fiumi.
L’Assemblea Generale dell’ONU, con una Risoluzione del 17 dicembre 1970, ha dichiarato che le ricchezze marine sono sottratte al libero sfruttamento da parte degli Stati e costituiscono un patrimonio comune dell’umanità. Per rendere ciò possibile ha previsto la creazione di una apposita Autorità, strutturata secondo lo schema delle organizzazioni internazionali. Essa è composta da un’Assemblea, un Consiglio e di un Segretariato e dovrà provvedere allo sfruttamento delle ricchezze considerate patrimonio comune dell’umanità o direttamente dalla Autorità stessa, attraverso un proprio organismo, denominato l’Impresa o affidandone il compito a singoli Stati, a ciò appositamente autorizzati.
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Informazioni tesi
Autore: | Concetta Berardi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi del Molise |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Andrea Rallo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 205 |
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