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La giurisdizione internazionale ''dai tribunali ad hoc alla corte penale internazionale''

L’istituzione dei due Tribunali ad hoc ha sicuramente posto in evidenza la fondamentale volontà degli Stati di reprimere crimini atroci tramite la creazione di giurisdizioni supernazionali, in quanto l’attribuzione ad organi giurisdizionali interni di uno Stato della competenza a reprimere simili crimini, potrebbe, di fatto, risultare insoddisfacente per diversi motivi: arretratezza economica, sociale e culturale della comunità statale; la non perfetta indipendenza dei giudicanti –e quindi la non completa imparzialità rispetto al potere politico, economico o religioso.
L’istituzione dei due Tribunali ad hoc ha senza dubbio dato un impulso finale alla creazione della Corte penale internazionale (International Crimininal Court), ossia di un organo munito di giurisdizione "globale" e quindi potenzialmente in grado di perseguire i più gravi crimini internazionali commessi ovunque nel mondo. Il processo che ha portato all’istituzione di questo importante Organo sovranazionale ha comunque visto detrattori e partigiani poiché come aveva sottolineato Luciano Violante, allora Presidente della Camera, intervenuto alla cerimonia per la celebrazione del secondo anniversario dell’approvazione dello Statuto, "esistono fautori di un’esasperata concezione della sovranità nazionale che vedono con sospetto un’istituzione come la Corte. C’è chi teme che quest’organismo possa incrinare la sua supremazia nelle relazioni internazionali. C’è infine chi non ne ha colto tutta la portata civile e innovatrice".
Ho inteso procedere all’approfondimento di quanto sopra introdotto, mediante la strutturazione dell’elaborato in due parti.
La prima, inerente il diritto sostanziale, per descrivere alcuni elementi delle norme che definiscono gli elementi costitutivi dei crimini internazionali così come concepiti dal corpus normativo del diritto internazionale penale, nonché per definire alcuni elementi fondamentali e le fonti di questa branca di diritto pubblico.
La seconda parte, inerente il diritto internazionale penale processuale, che attiene in generale ad alcune norme che disciplinano la procedura applicabile nei procedimenti penali internazionali, che regolano l’esercizio dell’azione penale, più specificatamene all’istituzione dei tribunali internazionali, ai principi che regolano i rapporti con gli Stati (Priorità, Complementarietà, cooperazione), al contributo fornito dai Tribunali ad hoc per l’ex Jugoslavia e Ruanda, per la formazione del corpo normativo del diritto internazionale penale, attraverso i precedenti giurisprudenziali rappresentati da alcune importanti recenti sentenze.

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9 INTRODUZIONE Il lavoro della mia ricerca, prende spunto da alcune constatazione: nel corso dei secoli, la comunità internazionale, si è trovata di fronte a terribili atrocità quali deportazioni, operazioni di pulizia etnica, uccisione di civili, di feriti o di prigionieri di guerra, esecuzioni di massa cui, né la politica né la giustizia penale nazionale fondata sui principi di universalità, territorialità e personalità attiva o passiva, riuscì a dare risposte soddisfacenti sia in termini di prevenzione che di punizione dei responsabili di quei gravi crimini. Dall’esigenza appunto, di dover rispondere a questa domanda di giustizia, che la comunità internazionale ha progressivamente elaborato norme e, per affermare che certi comportamenti sono crimini e, per disporre la punizione dei responsabili. Processo questo, che chiaramente si è sviluppato nel corso degli anni, muovendo da fatti avvenuti all’inizio del XX secolo. Già dalla fine della prima guerra mondiale, si era parlato di “offese supreme contro la moralità internazionale e l’autorità sacra dei Trattati” , in relazione alle gravi azioni commesse da Guglielmo II di Germania: Ma fu solo al termine della seconda guerra mondiale, che incominciò l’emersione di beni giuridici propri della Comunità internazionale, di interessi che superano i confini di un singolo ordinamento statale. La Comunità internazionale sentì infatti, l’esigenza di punire i responsabili di gravi crimini commessi durante la guerra e, per la prima volta, si parlò concretamente di crimini internazionali e di responsabilità degli individui. Anche se in quel periodo, nella comunità internazionale, erano emersi e si erano affermati nuovi valori, che trascendevano i ristretti interessi statalisti (come la graduale elaborazione di principi tesi a disciplinare i metodi di condotta della guerra, o la protezione dei lavoratori grazie all’istituzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro, o la protezione delle minoranze attraverso i numerosi trattati ratificati dopo la Prima guerra mondiale), la sovranità statale continuava a costituire il fondamento dell’ordinamento internazionale. Questo scenario, ossia l’esistenza di una comunità internazionale fondata sul dogma della sovranità statale, non impedì però l’istituzione, alla fine della Seconda guerra mondiale, dei Tribunali di Norimberga e Tokyo, che costituirono una delle risposte agli orrori del genocidio nazista in Europa e ai crimini

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