La riforma dei reati contro la Pubblica Amministrazione
Il presente studio analizza da un punto di vista giuridico e in maniera approfondita la legge 26 aprile 1990 n.86 ovvero la legge che riformula la maggior parte degli articoli presenti nel Capo I (Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione) del Titolo II (Dei delitti contro la Pubblica Amministrazione) del nostro codice penale. è da tenere presente che il nostro codice penale, tranne pochi e piccoli aggiustamenti, è nel suo insieme in vigore dal 1930. La presente legge, al di là delle critiche che ha suscitato la sua approvazione, rappresenta ancora oggi la più importante e la più incisiva riforma che sia mai stata apportata al codice penale dalle origini ai giorni nostri. Anche se larga parte della dottrina giudicava improcrastinabile questa riforma dal dopoguerra, si è giunti solo in anni a noi vicini all’approvazione della stessa.
Il presente lavoro prende l’avvio citando brevemente la lunga gestazione che ha portato alla formulazione della presente legge, elencando brevemente i diversi progetti di legge precedenti a questa legge.
Successivamente analizza dettagliatamente i motivi che hanno reso necessaria e non più rinviabile la presente riforma. In questi capitoli vengono anche citati brevemente i diversi adattamenti che le norme hanno subito in base a questi obiettivi di fondo. I motivi che sono alla base della riforma sono principalmente tre.
Il primo che viene preso in considerazione è la necessità di colmare le lacune presenti in questa parte del codice penale; lacune che si erano venute a creare principalmente perché il codice penale era stato scritto in un'epoca passata e dominata dalla dittatura in cui vigeva una concezione diversa dell’organo statuale, sorpassata dalle attuali esigenze democratiche. Un altro motivo non trascurabile è la sempre maggiore presenza dell’economia in ambito statale, una situazione non certo presente negli anni ’30, cioè nell’epoca in cui il nostro codice penale è stato formulato.
Il secondo motivo trattato è l’esigenza avvertita da larga parte della dottrina di adeguare le suddette norme al principio di tassatività – determinatezza. Vedremo infatti in maniera dettagliata che larga parte della dottrina notava che alcune norme presenti in questo capo difettavano proprio del principio di tassatività – determinatezza. Proprio questo motivo era alla base del non giustificato sindacato penale nei confronti dei pubblici amministratori. Come notato in maniera quasi unanime dalla dottrina, la norma che più prestava il destro alla incriminazione del giudice penale proprio in quanto era la norma meno rispettosa del principio di tassatività – determinatezza, era la fattispecie dell’abuso d’ufficio.
Il terzo e ultimo motivo è quello di adeguare la risposta sanzionatoria in maniera tale da poter porre in primo piano la c.d. questione morale. È da notare infatti che le norme erano abbastanza inefficaci a reprimere la delinquenza politico – amministrativa e per questo sono state riformulate in maniera tale da poter costituire un più valido rimedio per sanzionare i reati dei pubblici amministratori.
Vengono, infine, prese in considerazione le diverse critiche che questa legge ha suscitato. Vediamo infatti che molti autori si sono espressi in maniera molto negativa rispetto a questa riforma, opinione in parte non condivisibile, come vedremo.
Vengono anche brevemente analizzate due nuove proposte di successiva riforma. Nel presente capitolo viene trattato anche il fenomeno di Tangentopoli, inteso come un ulteriore stimolo a modificare quelle fattispecie di reato che più si erano rese permeabili a infiltrazioni criminali.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro Nigro |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze delle pubbliche amministrazioni |
Relatore: | Elio Palombi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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