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Italian Sounding: opportunità di mercato o nuova frontiera della contraffazione?

(Elaborato presso l’Istituto per il Commercio Estero di Taiwan grazie ad un periodo di studio e stage).

Quando un sistema paese riscuote successi internazionalmente riconosciuti in alcune industrie o settori, può essere preso come modello o riferimento da altri produttori stranieri. Questi succede che o mirino a raggiungere la qualità del primo oppure che cerchino di utilizzare, quasi esclusivamente da un punto di vista di marketing strategico, il richiamo al paese “modello” per innalzare il proprio posizionamento sul mercato. Il produttore straniero, infatti, che crea un prodotto “sounding” riesce a spuntare un prezzo superiore rispetto alla merce che non faccia riferimenti.
I prodotti “sounding” fanno riferimento vanta una qualità esclusiva in quel settore. Essi si suddividono poi in prodotti originali e non. Nel corso della trattazione vengono prevalentemente analizzati questi ultimi, prendendo come riferimento la situazione dei prodotti “Italian Sounding” nel mercato di Taiwan; sono presenti allegati fotografici, tabelle di dati e riferimenti specifici a casi concreti rilevati nel corso della ricerca.
Vengono dettagliate le variabili strategiche coinvolte nella produzione “sounding” come ad esempio trade dress e packaging, riferimenti linguistici, elementi geografici, la tradizione del paese o diciture di provenienza.
Il consumatore medio che si appresta all’acquisto di un prodotto “Italian Sounding” può essere confuso dall’effettiva provenienza del prodotto e spesso può non distinguere l’originale dall’imitazione.
Si spiega il perchè il prezzo di un prodotto che imita è inferiore rispetto a quello importato, ed a questo punto la potenziale perdita di quote di mercato da parte dei produttori originali ci farà analizzare le problematiche affrontate nello specifico dalle imprese italiane.
Si confronteranno le azioni prese dalle grandi aziende o multinazionali italiane che hanno il potere economico per muovere azioni legali se subiscano contraffazione diretta, con le PMI, zoccolo duro del sistema italiano.
La presenza dei prodotti “Italian Sounding” rende ancora più difficile presidiare i mercati esteri.
Spesso il produttore straniero, utilizzando una politica di marketing “sounding” che faccia riferimento ad un altro paese, è ben attento alle informazioni che utilizza.
I disegni e modelli industriali, una volta registrati, hanno una più certa sicurezza di protezione.
Gli accordi internazionali TRIPS (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), sottoscritti dai membri del WTO (World Trade Organization), mirano a garantire una crescita internazionale del livello di sicurezza per la protezione della proprietà intellettuale e forniscono indicazioni complete, anche se piuttosto autonomamente interpretabili, sulle modalità in cui i paesi aderenti debbano attuare le leggi nel sistema interno.
In ambito comunitario, poi, seppur vigano i diritti dei consumatori secondo i quali si debbano fornire informazioni corrette agli acquirenti, non si analizzano i riferimenti ad altri paesi.
Si vedrá la difficoltá nel combattere questo fenomeno.
Interessanti esempi riscontrati sul mercato taiwanese fanno riferimento all’alimentare ed altre industrie. Verranno definite le modalità per riscontrare un prodotto “sounding”.
Molti casi sono presentati anche a livello fotografico negli allegati di fondo della trattazione.
Le indicazioni di origini geografiche hanno visto la proposta da parte dell’Unione Europea di essere limitate, con forte opposizione di alcuni paesi.
La nascita di numerosi enti certificatori propongono la sottoscrizione volontaria di alcune imprese. La rinomanza del Made in Italy viene così dispersa su più enti per la sua tutela.
Tornando al quesito iniziale, titolo della trattazione, ovvero se l’ “Italian Sounding” sia una nuova opportunità di mercato oppure una nuova frontiera della contraffazione, otterremo una risposta al termine della trattazione.

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Italian Sounding 11 Tesi Specialistica – Economia e Direzione delle Imprese Ester Milano Capitolo 1 – Il “made in” come garanzia per il cliente 1.1. Il principio “Paese di Provenienza” Il principio “Paese di Provenienza”, denominato “Country of Origin” ed abbreviato usualmente con la sigla COO, costituisce la base da cui partire per seguire questa trattazione. Se questa informazione, oggi, permette al consumatore di conoscere caratteristiche non particolarmente evidenti riguardo il prodotto, come il luogo in cui sia stato costruito o lavorato, la provenienza dei materiali impiegati e la proprietà intellettuale, le origini della sua applicazione non prevedevano gli stessi obiettivi. Negli anni ’60, infatti, l’indicazione di provenienza veniva imposta dagli importatori Tedeschi e Francesi sulla merce tessile e calzaturiera, al fine di indicare ai consumatori locali che tali prodotti non venivano realizzati nel loro paese (1). La scritta “Made in Country” ha l’obiettivo di facilitare il libero movimento di merci o servizi al fine di incoraggiare la competizione transnazionale, o per incoraggiare individui od imprese a testare altri mercati senza doversi stabilire in altri paesi e doversi adattare anche alle diverse legislazioni vigenti. Per quanto riguarda la legislazione dell’Unione Europea, per risolvere situazioni di conflitto all’interno degli stati membri, vengono applicati il principio di “Country of Origin”, oltre che del Paese Ricevente” secondo il quale la transazione debba essere regolata dalla legislazione dello stato che riceve la prestazione. _________________________ (1)Le industrie manifatturiere tessili e calzaturiere, infatti, gia’ dall’immediato dopoguerra erano state s cartate da economie come Germania, Francia e Gran Bretagna in quanto piu’ povere ed adatte a paesi non tecnologicamente sviluppati quale ad esempio l’Italia, a quei tempi, e le regioni del Sud Est Asiatico, ai giorni nostri.

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