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IL DISABILITY MANAGEMENT DA UNA PROSPETTIVA CULTURALE. Il modello dell’Intelligenza Culturale (CQ) nella gestione dei lavoratori sordi

Il presente lavoro intende dare risalto all'importanza dello scambio culturale fra due Mondi, quello sordo e quello udente, nei luoghi di lavoro, in riferimento al Diversity Management il cui obiettivo è rendere la diversità una leva e non un ostacolo per il cambiamento.
Numerose ricerche hanno dimostrato come la disabilità sia un costrutto sociale, data dall'opinione diffusa che porta a concepire il lavoratore sordo come soggetto con handicap in situazioni in cui la compromissione corporea non causa automaticamente una disabilità.
In un'ottica più ampia, quale la nostra, in cui vengono presentate le proprietà interne e i confini culturali della minoranza linguistica sorda, è fondamentale porre l'accento sulla comprensione del processo di "acculturazione". Questo costrutto, seppur di matrice antropologica, comprende quei "fenomeni che si verificano quando gruppi di individui con culture diverse entrano in continuo contatto diretto causando un cambiamento, o una trasformazione, dei modelli culturali originali di uno o di entrambi i gruppi". Tuttavia, alcuni modelli di matrice psicosociale hanno confermato come, in realtà, si tratti di uno scambio a doppio binario e non a senso unico.
Ancorarsi al concetto di "acculturazione" vuol dire favorire il biculturalismo di entrambi i gruppi, sviluppare o migliorare una tipologia di competenza interculturale, valorizzare la diversità e dotare i membri del background culturale sufficiente per combattere stereotipi, pregiudizi ed effetti collaterali. A tal proposito, alcune ricerche hanno evidenziato come la preferenza per l'assimilazione nei membri della cultura ospitante si associ ad un maggior pregiudizio nei confronti delle persone sorde, noto come Audismo, che si manifesta in ogni fase del rapporto di lavoro.
Costruire una cultura organizzativa inclusiva vuol dire far cultura contro pregiudizi e discriminazioni minimizzando l'impatto dell'invalidità e focalizzandosi sulle capacità del lavoratore sordo di partecipare in modo competitivo alla vita dell'organizzazione in cui si trova ad operare.
Un'adeguata progettazione di intervento per gestire il lato umano e ridurre la naturale resistenza al cambiamento (il tema del Change management), il riconoscimento delle sfide e strategie legate all'innovazione culturale, la stesura delle soluzioni di Inclusion Best Practices sul lavoro dei dipendenti sordi, sono stati indispensabili per poter predisporre all'inclusione e allo scambio interculturale tra dipendenti sordi e dipendenti udenti.
Il Modello dell'intelligenza culturale viene proposto come strumento di inclusione e di scambio interculturale in un contesto lavorativo dove la principale fonte di conflitto intergruppo è la comunicazione.
Con l'applicazione di questo modello al contesto lavorativo ci si potrebbe aspettare che dipendenti udenti sviluppino un livello alto di CQ metacognitivo, per mettere in discussione i propri presupposti culturali, riflettere durante le interazioni e adottare la prospettiva culturale della persona sorda nel momento dell'interazione (processo di acculturazione di tipo integrativa); CQ cognitivo, per comprendere la cultura e le componenti della comunità sorda cosicché non si possano più attribuire in modo inconsapevole atteggiamenti e stereotipi alla comunità sorda; CQ motivazionale, per aumentare gli sforzi e l'energia verso una determinata funzione in un nuovo contesto; CQ comportamentale, per indirizzare le azioni verso azioni inclusive flessibili e interattive
Uno degli strumenti per misurare l'intelligenza culturale è la Scala dell'Intelligenza Culturale di tipo Self-Report. Chi ne usufruisce ha il compito di indicare, su una scala che va da 1 a 7, la risposta che più descrive le sue capacità. Nel presente studio, la scala, che viene utilizzata in generale per misurare l'intelligenza culturale di un individuo nell'interazione con culture diverse, viene qui riformulata mantenendone la struttura di base e apportando piccole modifiche in alcuni items con lo scopo di: evitare gli unconscious bias, che spesso ostacolano l'interazione con l'altro; acquisire la cultura di una comunità per meglio comprendere i sistemi che la modellano e le relative interazioni; indirizzare l'argomento verso una direzione specifiche anziché generale.
Le informazioni raccolte, in conclusione, permetteranno di coltivare il cultural diversity management all'interno di un'azienda in cui la sordità di un dipendente non è più vista come «disabilità», bensì come diversità, e quindi una grande risorsa, innovazione e trasformazione aziendale al pari di qualsiasi altra forma di etnia.

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pag. 3 INTRODUZIONE In organizzazioni con un alto livello di capitale sociale, laddove la qualità delle interazioni tra le persone e la condivisione di una prospettiva comune è ben disposta, le relazioni sono basate sulla fiducia, sulla comprensione reciproca, su norme e valori condivisi che consentono alle persone di cooperare e coordinare le loro attività per raggiungere gli obiettivi aziendali. Numerosi studiosi interessati al funzionamento organizzativo d’impresa, oggi fortemente compromesso dal fenomeno pandemico, hanno cercato di comprendere meglio i Comportamenti di Cittadinanza Organizzativa (OCB, acronimo della denominazione inglese Organizational Citizenship Behaviors), volti a favorire l’impiego e l’inclusione di collaboratori sordi o con disabilità uditiva. Alcuni contributi alla tematica suggeriscono tre aspetti specifici del capitale sociale: una dimensione strutturale, focalizzata sul modello generale delle relazioni riscontrate, una dimensione relazionale, focalizzata sulla dimensione affettiva e sulla qualità delle connessioni tra dipendenti, e una dimensione cognitiva, attenta alla misura in cui i dipendenti condividono un obiettivo comune. Volendo focalizzarsi sulla dimensione relazionale, quindi sulla qualità affettiva delle connessioni, con questo lavoro si cercherà di comprendere quanto le competenze culturali possono influenzare le dinamiche relazionali tra il dipendente ipoudente/sordo e il dipendente udente. L’emergenza sanitaria con la quale la popolazione mondiale ha convissuto, ha imposto condizioni di vita insolite (quarantene, distanziamento sociale, dispositivi medici di protezione delle vie respiratorie, modalità di lavoro agile) che hanno generato nuove forme di disagio lavorativo e di esclusione sociale e, in alcuni casi, ha amplificato condizioni di vulnerabilità già esistenti. Tra le vittime indirette della pandemia sono da annoverare le persone con disabilità, in particolare quella sensoriale uditiva che, a vari livelli (sociale, assistenziale, lavorativo), hanno sperimentato la fragilità di un sistema politico, economico e culturale ancora poco preparato a tutelare i loro diritti inalienabili. Tra le lacune più significative emerge l’opinione diffusa che porta a concepire il lavoratore sordo come soggetto con handicap, e non come appartenente ad una vera e propria cultura/minoranza linguistica e, quindi, come un valore aggiunto per l’azienda. Seguendo tale ragionamento, il presente lavoro intende dare risalto all’importanza dello scambio culturale fra i due Mondi, quello sordo e quello udente, nei luoghi di lavoro, in riferimento al Diversity management il cui obiettivo è rendere la diversità una leva e non un ostacolo per il cambiamento, la crescita e l’innovazione.

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Parole chiave

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diversity management
deafness
disability management
audismo
cultural diversity management
modello dell'intelligenza culturale
competenza culturale
cultura sorda
intelligenza culturale

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