L'asimmetria induzione-deduzione tra Italia e Giappone: un confronto
Il presente studio prende spunto da precedenti lavori sulle inferenze che riguardano, più precisamente, l’asimmetria induzione-deduzione (I.D.A.). L’inferenza, come è stato suggerito da Hastie (1983) è un procedimento grazie al quale, da determinate premesse o proposizioni note, si passa ad una proposizione successiva detta conclusione. Tale conclusione può essere raggiunta attraverso due procedimenti logici complementari tra loro: l’induzione e la deduzione. Si parla di induzione quando dall’osservazione di casi particolari si giunge a principi generali, e di deduzione quando si verifica il processo inverso, cioè da principi generali si ricavano esempi specifici.
Beike e Sherman (1984) hanno proposto, come emerge dalla letteratura, due direzioni dell’inferenza: la prima dall’alto verso il basso (cioè da tratto a comportamento, quindi induttiva) e la seconda dal basso verso l’alto (cioè da comportamento a tratto, quindi deduttiva). La presente ricerca si focalizza sulla percezione delle persone in cui il processo induttivo e deduttivo può rivestire un ruolo particolarmente importante.
A tal proposito, è stato condotto un primo studio con l’intento di verificare, appunto, la tendenza delle persone a descrivere gli altri attraverso un maggior numero di aggettivi, denotanti, quindi, disposizioni stabili, oppure di verbi che implicano, cioè, azioni legate ad un contesto specifico: a questo scopo, però, si è aggiunta l’analisi secondo una prospettiva crossculturale per confrontare eventuali differenze tra culture. In letteratura emerge che la diversità nel compiere attribuzioni dipende anche da premesse culturali diverse, ossia da concezioni culturali più individualistiche tipiche delle culture occidentali in contrasto con quelle collettiviste adottate dalle culture non occidentali. L’individualismo prevede che ogni soggetto sia un’entità libera dal contesto, possessore di caratteristiche distintive ed indipendenti dal ruolo sociale; nel collettivismo, invece, il sè è collegato ad altri individui dello stesso gruppo sociale, che operano in un dato contesto al quale cercano di adattarsi. Il fatto che le culture occidentali pongano l’accento sull’autonomia dell’individuo visto come separato dall’influenza del contesto e come unico responsabile di una determinata condotta, incoraggia la ricerca di fattori interni che possano predire un certo comportamento. Le culture non occidentali, invece, che si basano su una concezione più relazionale della persona, tendono a dare meno peso alle disposizioni generali degli attori nel compiere inferenze.
Partendo da tali premesse, a soggetti sia italiani che giapponesi sono stati somministrati due brevi questionari riguardanti rispettivamente la descrizione di una persona ben conosciuta e la descrizione di un esponente di una determinata categoria (uomo/donna). Le ipotesi sostenevano che i soggetti italiani riportassero più aggettivi rispetto ai giapponesi; inoltre, si prevedeva un maggior livello di astrazione - secondo il modello proposto da Semin e Fiedler (1988) – da parte dei soggetti italiani. I risultati ottenuti hanno confermato pienamente le ipotesi di partenza.
Nel secondo studio, invece, l’obiettivo era di analizzare il processo psicologico riguardante la generazione delle inferenze sempre in un contesto crossculturale, osservando, cioè, come e se il medesimo processo può portare a risultati opposti in due culture differenti, quella italiana e quella giapponese, appunto. A soggetti italiani e giapponesi è stato somministrato un questionario costituito da una ipotetica lettera di referenze seguita dal Questionario del Bisogno di Chiusura Cognitiva e da due successivi compiti di memoria. Si ipotizzava che i partecipanti italiani compissero un maggior numero di inferenze da comportamento a tratto, mentre l’opposto si presumeva per i giapponesi; la seconda ipotesi prevedeva, invece, per gli italiani, un numero superiore di inferenze induttive quando il comportamento di partenza era stereotipico e, per i giapponesi, maggiori inferenze deduttive quando il tratto di partenza era stereotipico. Dai risultati è emersa la tendenza sottostante il processo dell’asimmetria induzione - deduzione ma, contrariamente alle ipotesi, non si è manifestata alcuna differenza tra le nazioni.
Tale studio offre alcuni spunti per futuri lavori da condursi in ambito crossculturale al fine di verificare l’universalità di fenomeni complessi quali l’asimmetria induzione – deduzione ed il ruolo che la cultura ed il linguaggio possono svolgere in essi. E’ anche lecito pensare che la cultura e così pure alcuni stili di comunicazione possano non influenzare determinati processi psicologici o, ancora, che la struttura formale della società stia cambiando lentamente subendo, forse, l’influsso della modernizzazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Federica Politi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Anne Maass |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 137 |
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