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Da Bongiorno a Mario Riva. La televisione e l'Italia del boom nelle pagine del Corriere della Sera (1959)

Nel 1959 si festeggia il quindicennale del fine del secondo conflitto mondiale: pur essendo passati così tanti anni da quei tragici eventi, l’Italia ne presenta ancora i segni, soprattutto in molte zone del meridione. Il governo italiano era presieduto dalla Democrazia, che consolidava il suo potere attraverso quella che potremmo rinominare “ la politica del prefetto”. Il ministro dell’Interno, attraverso un’intensa rete di rapporti con i Prefetti delle varie città italiane, riusciva ad avere sempre il “polso” della situazione. Accadeva così che, soprattutto in periodi pre-elettorali, il governo italiano, a seconda dei “suggerimenti” dei vari prefetti, si prodigava per la costruzione di opere pubbliche o nell’elargizione di aiuti pecuniari in modo poi da poterne ottenere un corrispettivo in voti alle urne.Tuttavia, anche in questa situazione di semi-regime, il nostro Paese era ormai avviato alla trasformazione. I mondi rurali sono ormai abbandonati, sono milioni gli italiani che, soprattutto dal Sud, partono verso i grandi centri industriali del Nord. Andare in vacanza nel periodo estivo diventa sempre più importante per i lavoratori italiani. Insomma, si può guardare al futuro con ottimismo: si passa dal sopravvivere al vivere. Buona parte di questa trasformazione si deve, a nostro avviso, all’avvento della televisione. Anche se in quegli anni non tutti se ne erano accorti, la tv contribuì in maniera importante alla costruzione della nuova identità nazionale, sia sul piano dell’aggregazione sociale ( si pensi ai luoghi di fruizione pubblica, come bar e piazzette) che sul piano dei contenuti. Il 1959 è un anno fondamentale per la tv: Lascia o Raddoppia, il quiz storico di Mike Bongiorno, chiude i battenti. Con l’addio di quella che è stata la sua colonna portante per tanti anni, la tv è chiamata a reggersi sulle “proprie gambe”, o meglio ad affidarsi ad altri prodotti televisivi. Nell’analizzare il palinsesto televisivo del 1959, abbiamo raccontato e commentato quelle che sono state le trasmissioni più rappresentative dell’anno. Ed in questa analisi è emerso che la tv del 1959 offriva molti programmi di ottima qualità, tutti degni di affiancare Lascia o Raddoppia nei palinsesti Rai, anche se purtroppo i posteri non hanno riconosciuto loro gli stessi onori concessi al quiz del giovedì sera. Siamo quindi ben felici di rendere omaggio, anche se nei limiti delle nostre possibilità, a trasmissioni come Il Mattatore o Un, Due, Tre, che risultano oggi pressoché sconosciute, soprattutto alle generazioni più giovani. In questo lavoro, più che ai manuali sulla televisione, abbiamo attinto in maniera sostanziale ad articoli di quotidiani che raccontavano di televisione. Nello specifico, il nostro vademecum è stato il “Corriere della Sera” del 1959. Ovviamente c’è una motivazione a tutto questo. Rifarsi esclusivamente ai testi degli storici della televisione avrebbe sì portato ad un lavoro qualitativamente adeguato, ma sarebbe risultato poi ripetitivo. Invece raccontare la tv attraverso i quotidiani non solo rappresenta un nuovo modo d’analisi, ma ci permette di cogliere la tv attraverso gli occhi dell’italiano medio, dell’abitudinario lettore di quotidiani, il che non comporta una visione semplicistica del tutto, ma bensì ci permette di analizzare la tv per quello che è, cioè un mezzo di comunicazione di massa, anzi, per la massa.

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5 Introduzione Raccontare avvenimenti storici non è mai una cosa facile, come invece può apparire. La mera concatenazione di eventi da sola non basta. Ci sono altri elementi che non solo non vanno sottovalutati, ma che devono in certi punti anche essere evidenziati, come ad esempio le cause e i fini che hanno portato a quegli eventi, il contesto temporale-territoriale, e via discorrendo. Se poi prendiamo un periodo come quello del cosiddetto miracolo italiano ( abitualmente collocato tra il 1958 ed il 1963), noto ai più per le grandi trasformazioni socioculturali che investirono il nostro Paese, l’impresa è ancora più ardua. Racchiudere il campo d’analisi al solo 1959 rende il tutto poi definitivamente titanico. Va da sé che questo preambolo non serve come alibi per chi scrive queste pagine, ma è solo per evidenziare come il lavoro svolto vada oltre la semplice analisi dei fatti e dei personaggi raccontati. Nel 1959 si festeggia il quindicennale del fine del secondo conflitto mondiale: pur essendo passati così tanti anni da quei tragici eventi, l’Italia ne presenta ancora i segni, soprattutto in molte zone del meridione. Il governo italiano era presieduto dalla Democrazia Cristiana, partito molto vicino al Vaticano e punto di riferimento nel quadro della politica nazionale ( ancora oggi la D.C. detiene il primato di essere l’unico partito in Italia ad aver vinto delle elezioni, quelle del 1948, senza ricorrere ad alcun’alleanza). La D.C. consolidava il suo potere attraverso quella che potremmo rinominare “politica del prefetto”. Il ministro dell’Interno, attraverso un’intensa rete di rapporti con i Prefetti delle varie città italiane, riusciva ad avere sempre il “polso” della situazione. Accadeva così che, soprattutto in periodi pre-elettorali, il governo italiano, a seconda dei “suggerimenti” dei vari prefetti, si prodigava per la costruzione di opere pubbliche o nell’elargizione di aiuti pecuniari in modo poi da poterne ottenere un corrispettivo in voti alle urne. Tale politica si dimostrava particolarmente efficace soprattutto nelle aree più degradate, dove l’asfaltatura di una strada assumeva i connotati dell’evento ( molti hanno definito tale politica anche “clientelare”). La D.C. aveva poi anche cura di minare le basi di quello che a conti fatti era l’unico ostacolo alla propria egemonia politica in Italia, ovvero il Partito Comunista.

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