Il concetto di sviluppo. Una forma di colonizzazione?
“Cooperazione allo sviluppo”, “aiuti allo sviluppo”, “sviluppo sostenibile”: da alcuni decenni siamo abituati a sentire questi o altri termini per designare un modo lodevole, paritario, onesto e giusto per contribuire al miglioramento delle condizione dei popoli del Sud del Mondo. L’attuale sviluppo, ovvero l’applicazione delle ricette occidentali, si è rivelato come portatore di squilibri, aumento della povertà, distruzione dell’ambiente.
Ebbene, tali concetti e proposte nuove si inseriscono però su una struttura di pensiero ben radicata nella storia dell’Occidente, in particolar modo nella storia del suo decollo economico collimante con la Rivoluzione Industriale Inglese, che coincise anche con il periodo di massima espansione dell’Imperialismo.
I concetti di civilizzazione e progresso fondevano insieme i progressi tecnici, la supremazia della ragione sulla natura, la dinamicità sulla staticità e l’idea generale e positivista del mondo, un unico mondo, come abitato da un’umanità omogenea e sulla stessa linea evolutiva.
Analizzare lo sviluppo significa analizzare le strutture di pensiero che sorreggono il concetto stesso e svelare così come non sia possibile utilizzare il termine senza riferirsi a concetti tipici dell’epoca coloniale. Ma lungi quest’attribuzione dall’essere fatta in maniera esplicita e consapevole, è nel regno delle rappresentazioni sociali descritte da Moscovici che essa va collocata come fondante di senso di cui si è dimenticata l’origine.
La presente trattazione è particolarmente debitrice delle tesi di Serge Latouche e degli altri esponenti del gruppo del MAUSS, anche se tende in ultima analisi a screditare alcune delle loro conclusioni come il concetto di “Occidentalizzazione del mondo”, servendosi in particolar modo del pensiero di Giacomo Marramao e Amartya Sen.
Importanza data alla storia e all’implicazioni del termine sviluppo, la riflessione infatti viene posta su in che modo lo sviluppo possa essere considerato oggi, a tutti gli effetti, una forma di colonizzazione o non sia anche questa attribuzione un voler sottolineare la superiorità – negativa - dell’Occidente su un non-Occidente diametralmente contrapposto, quasi che il selvaggio, l’inesplorato non-occidente contenga in sé individui ancora capaci di bontà assoluta, portatori dei buoni valori, inadatti per loro natura a forgiare con piena padronanza di sé, il bene e il male per loro stessi e le loro popolazioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Martina Bertazzon |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Studi Interculturali|
Anno: | 2007 |
Docente/Relatore: | Giangiorgio Pasqualotto |
Istituito da: | Università degli Studi di Padova |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 68 |
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FAQ
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