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Alcuni aspetti idraulici e geomorfologici del fiume Tanaro nel tratto astigiano

In particolare il fiume Tanaro e i suoi affluenti delle aree montuose e collinari comprese tra le Alpi Liguri e i rilievi delle Langhe sono stati pesantemente coinvolti dal campo delle precipitazioni già a partire dai bacini di alimentazione in quota, creando così condizioni di piena del tutto eccezionali.
Molte aree pianeggianti, mai coinvolte da allagamenti a memoria d’uomo, sono state interessate in poco tempo da livelli idrometrici elevati: molte opere di attraversamento vecchie di decenni sono state sormontate e talora gravemente danneggiate o distrutte, vecchie proprietà agricole, singoli edifici o interi nuclei abitati portano ancora i segni di livelli d’acqua difficilmente già raggiunti in passato.
La morfologia fluviale per molti tratti è stata localmente e temporaneamente modificata dato che il deflusso principale della piena ha sovente seguito direzioni nuove rispetto all’ordinario andamento, aprendo nuovi canali o riattivandone di abbandonati, investendo così nuove e vecchie infrastrutture e centri abitati e danneggiando in più punti la viabilità di fondovalle.

In considerazione delle alluvioni del settembre 1948 e del novembre 1994, si è scelto dunque di prendere in esame una zona piemontese in genere sempre gravemente colpita: un tratto d’asta fluviale del Fiume Tanaro nella provincia di Asti.
Dopo un breve inquadramento geografico della porzione di bacino preso in considerazione (capitolo 1), la prima fase è stata quella di raccogliere il maggior numero di informazioni sia idrauliche e sia idrologiche, fase che in realtà si è rilevata problematica e che ha impegnato molto tempo a causa della difficoltà di reperire questo tipo di materiale.
In particolare la raccolta dati ha messo in luce alcuni problemi quali la mancanza di una serie di dati idrologici continui nella medesima stazione di misura. Consultando gli Annali idrologici si è notato che nella zona in esame vi erano solo due stazioni di misura con idrometro San Martino Alfieri a monte dell’area di studio e Alessandria a valle; ma queste stazioni sono rimaste in uso solo per 8 anni tra gli anni 30 e i 40, per cui neanche molto recenti. Durante una visita in sito si è potuto notare che, probabilmente a causa dell’alluvione del 1994, esse non esistono neanche più (figura 1).
Raccolte queste informazioni, si è proceduto all'analisi statistica delle portate medie giornaliere presso San Martino e Alessandria (capitolo 2). Per le portate massime annuali sono state calcolate le distribuzioni di probabilità che meglio rappresentavano i campioni a disposizione, verificandone l'attendibilità attraverso test statistici ed i valori delle portate in funzione dei tempi di ritorno (10, 100, 200 e 500 anni).
Considerando la disponibilità di dati idrologici riferiti ai medesimi anni in due stazioni di misura, una a monte e una a valle del tratto d’asta fluviale presa in esame, si è ritenuto opportuno soffermarsi su una breve analisi della propagazione dell’onda di piena fra i due punti di misura (capitolo 3). Per tale analisi sono state utilizzate sia le portate medie giornaliere sia le portate al colmo, dati questi assai più significativi ma molto rari.Per avere una visione più completa possibile del comportamento del fiume è stata realizzata una ricostruzione nel tempo dell'andamento del corso d'acqua dal 1880, utilizzando la cartografia storica dell'IGM (scala 1:25000) fino all'anno 1964 e le cartografie recenti, quale la carta tecnica regionale (CTR, scala 1:10000) risalente al 1991.
L’elaborazione così svolta, nel capitolo 4 è stata messa in relazione alla delimitazione delle fasce fluviali determinate dall’Autorità di Bacino del fiume Po’, che, per loro costruzione, tengono conto solo dell’andamento planimetrico dell’alveo negli ultimi 30-40 anni. E’ seguita anche un’analisi delle fasce in rispetto alla morfologia del terreno e alle opere difensive che spesso vengono utilizzate per delimitare la fascia B.

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I Introduzione “Sul muro esterno dell’attuale sede del comando dei vigili urbani della città di Asti vi è una targa ”ALLUVIONE 48” ed una tacca che indica il livello raggiunto allora dalle acque; poco più sotto, alcuni giorni dopo il 6 novembre 94, un’anonima mano ha aggiunto, senza alcuna formalità né ufficialità, la scritta “alluvione 94” con a seguito la tacca. Il legame tra i due eventi calamitosi è, come logico, immediato e forte nell’immaginario collettivo degli astigiani, testimoni in non pochi di entrambe le catastrofi. Riandare con la memoria all’alluvione del 48 che, a ragione del tributo di morti e del collocarsi nel pieno del dopoguerra, era stata fino ad oggi, guerre escluse, l’avvenimento tragico per eccellenza nella città di Asti in questo secolo, è fatto più che giustificato e forse, per un certo verso, “doveroso”. Del resto non solo ricordare ma soffermarsi in modo critico sugli avvenimenti legati alla catastrofe ’48 offre interessanti “specchi” per guardare alle vicende attuali. Da una parte, ad esempio, le analogie circa le modalità tecniche dell’esondazione, le identità o quasi dei luoghi toccati dal disastro (molti nel 48 ancora zona agricola e negli anni successivi edificati) confermano quanto si sa (ma facilmente si dimentica) su questo tipo di disastri naturali e cioè, ad esempio, elementarmente, che l’alluvione prima o poi torna sempre ‘sul luogo del delitto’.” Infatti, nella prima decade del novembre 1994 gran parte della regione Piemonte è stata interessata da una perturbazione meteorologica che ha provocato, in particolare nei giorni di sabato 4 e domenica 5, una grave e diffusa situazione di dissesto i cui effetti si sono esplicati su una parte densamente abitata del territorio regionale con pesanti danni alle persone e al tessuto urbano ed infrastrutturale. L’evento di piena che ha interessato la rete idrologica piemontese nel novembre 1994 è risultato, per parte di essa, il più grave di cui si abbia memoria nell’ultimo secolo. In particolare il fiume Tanaro e i suoi affluenti delle aree montuose e collinari comprese tra le Alpi Liguri e i rilievi delle Langhe sono stati pesantemente coinvolti dal campo delle precipitazioni già a partire dai bacini di alimentazione in quota, creando così condizioni di piena del tutto eccezionali.

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