I reati di corruzione

3.2.1) Il rapporto tra la corruzione per l’esercizio della funzione e la corruzione propria Così interpretato allora, l'accettazione di un qualsivoglia compenso, sia esso danaro o utilità, da parte di un pubblico funzionario, senza che ci sia l'individuazione di un atto specifico da compiere, mentre prima della ri- forma Severino era comunque da ricondurre alla fattispecie di corruzione propria, come da giurisprudenza costante e citata, adesso deve invece es- sere ricondotta all'art.318 che, nella nuova formulazione, ha tipizzato una delle condotte precedentemente rientranti in quelle dell'art.319; così fa- cendo ha assunto, rispetto a quelle fattispecie commesse ante riforma, ruolo di norma speciale destinata a succedere a quella dell'art. 319, poi- ché prevede nel minimo edittale, una pena più favorevole al reo, secondo il ben noto brocardo “lex specialis derogat generali”. Ricapitolando, la dazione di denaro, o altra utilità, effettuata ad un funzionario pub- blico, in virtù della sua qualifica, senza che si riesca ad individuare un atto preciso per il quale è motivata la dazione, è una fattispecie delittuosa che ante riforma doveva essere sanzionata ai sensi dell'art. 319 c.p. del Codice Penale (poiché si trattava per costante giurispru- denza comunque di corruzione propria) mentre dopo la riforma Se- verino deve essere sanzionata ex art. 318 c.p., articolo che peraltro, per questa fattispecie, per una parte della giurisprudenza si pone in rapporto di specialità rispetto all'art. 319 ante riforma 2012, per via della previsione di pena più mite ed andrà applicato quindi anche per i reati commessi prima della riforma. 9