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Com'è cambiato il racconto del calcio

Come si può intuire dal titolo, l’intento principale della tesi è quello di delineare il percorso che la cronaca giornalistica ha compiuto per descrivere il ‘fenomeno calcio’, partendo dai primi fogli sportivi stampati alla fine dell’Ottocento, per giungere sino ai giorni nostri, all’avvento delle emittenti televisive che trasmettono in digitale, consentendo di ricevere le immagini non solo sui televisori, ma anche su computer e telefonini.
“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è invasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”.
La descrizione brillante, sicuramente veritiera, che ci è offerta dal celebre Pier Paolo Pasolini, riassume quello che, in effetti, questo sport rappresenta oggi per milioni di italiani, uomini e donne, giovani o meno giovani.
Dai primi decenni del secolo, l’attenzione verso il football da parte dei mezzi di informazione e comunicazione è stata significativa: la radio, il cinema, la televisione e a volte proprio le forme più alte di giornalismo hanno rivolto agli avvenimenti calcistici uno sguardo profondo, che ha raggiunto anche apici inaspettati, successi memorabili, entrati di diritto nella Storia del Giornalismo italiano, così come in quella del Calcio italiano.
Ma, fino alla fine degli anni ‘70, questo sport è stato trattato dai media come una realtà autonoma, dotata di regole originali, di un significato proprio. Il calcio era un universo a sé, specifico e specialistico, che richiedeva dei particolari accorgimenti linguistici, capaci di coglierne e di rappresentarne, senza alterazione, i propri dati.
Questo rapporto di forte interesse ma anche di rispetto delle reciproche autonomie si è modificato profondamente a partire dall’inizio degli anni ‘80. L’avvento della neo-Tv, con tutto quello che ha generato non solo nell’ambito della produzione e del consumo televisivo ma anche con ciò che ha esteso, per influenza, agli altri settori della comunicazione di massa, ha stabilito tutto un altro tipo di rapporto fra calcio e media.
Il dato fondamentale è l’omologazione del fenomeno sportivo alla logica dei media, la sua trasformazione in materia mediatica. Adesso, il calcio, soprattutto in occasione dei suoi grandi appuntamenti, vive in funzione della sua riproduzione mediologica. Le regole dello sport, le nuove regole (come i famigerati rigori delle partite finite in parità anche dopo i supplementari) sono funzionali alla logica generale della comunicazione televisiva che prevede un finale felice o infelice per ogni suo racconto. Gli orari di svolgimento delle competizioni, che a volte non sono adeguati a chi vi assiste dal vivo e, in alcuni casi, persino a chi scende in campo, sono ormai dettati unicamente dalle ferree esigenze del palinsesto televisivo, del famoso prime time.
Come se non bastasse, non è tutto qua: la tecnologia televisiva e quella di tipo informatico applicata all’immagine televisiva, vengono ormai adoperate quotidianamente come elemento di decisione, di prova, di garanzia della verità.
Il sostituirsi della dimensione mediologica, televisiva in particolare, a tutte le altre presenti nell’universo sportivo affiora ormai con una certa evidenza negli stessi atteggiamenti degli atleti.
Ma se lo spostamento di questo sport verso la dimensione di comunicazione di massa è stato vertiginoso, non meno rapido e deciso è stato l’accostamento dei mezzi di comunicazione di massa verso il calcio stesso. L’universo del pallone, le sue manifestazioni, le sue gare, i suoi spazi, i suoi attori, sono diventati oggetto di un interesse sempre più privilegiato da parte dei media.
Sono i media, non certo gli stadi, il vero luogo dove si giocano le partite importanti ed il calcio è nutrimento essenziale per la vita dei mass media, che ne hanno fatto oggetto non solo di attenzione informativa, ma anche di una serie infinita di rielaborazioni.
Ad impreziosire l’intero elaborato, un’intervista realizzata appositamente dall’autore con Bruno Pizzul, noto giornalista sportivo italiano, all’interno della quale l’excursus evolutivo analizzato in precedenza viene descritto a partire dall’esperienza concreta di quello che, probabilmente, ne rappresenta il testimone più autorevole.

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3 Introduzione Come si può intuire dal titolo, l’intento principale di questo lavoro è quello di delineare il percorso che la cronaca giornalistica ha compiuto per descrivere il ‘fenomeno calcio’, partendo dai primi fogli sportivi stampati alla fine dell’Ottocento, per giungere sino ai giorni nostri, all’avvento delle emittenti televisive che trasmettono in digitale, consentendo di ricevere le immagini non solo sui televisori, ma anche su computer e telefonini. Oggi, il calcio è più un fatto sociale, non è solo un gioco sportivo nel quale ventidue atleti rincorrono un pallone sferico, all’interno di un campo rettangolare con due porte. “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è invasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”. La descrizione brillante, sicuramente veritiera, che ci è offerta dal celebre Pier Paolo Pasolini, riassume quello che, in effetti, questo sport

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