La Previdenza Complementare: mercato italiano e confronti internazionali
L’anticipo dell’entrata in vigore del d.lgs. n.252/2005 avvenuto attraverso la Legge Finanziaria per il 2007 (legge n.296/2006) ha generato intorno al tema della Previdenza Complementare un interesse che non si era mai registrato nel corso dei suoi primi 15 anni di vita nel nostro Paese. Tale interesse, sia da parte della letteratura finanziaria, sia da parte del mondo dell’informazione (ma anche soprattutto dell’opinione pubblica) è dovuto al fatto principale che il legislatore ha di recente escogitato un meccanismo per il momento ideato solo per i lavoratori dipendenti privati (anche se da qui a breve sarà esteso anche ai dipendenti pubblici). Tale meccanismo prevede, in seguito al c.d. semestre di silenzio/assenso (la cui scadenza è fissata al 30 giugno 2007), l’adesione tacita (nota anche come opzione di default) alla Previdenza Complementare attraverso il conferimento delle quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr) maturande di coloro i quali non effettueranno alcuna comunicazione al proprio datore di lavoro.
Finora i mezzi di finanziamento della Previdenza Complementare infatti sono stati quasi prevalentemente individuati nelle quote di Tfr del lavoratore, questo per via delle note difficoltà economiche in cui si è venuta a trovare larga parte dei lavoratori dipendenti, soprattutto in seguito alla conversione della nostra moneta di conto (dalla lira all’euro). In presenza di tale scenario è risultato e risulta tuttora evidente la difficoltà del lavoratore di reperire risorse aggiuntive da destinare ad essa (basti pensare che già l’elevata pressione fiscale e contributiva presente nel nostro Paese riduce sensibilmente il reddito disponibile degli individui). Ovviamente per i lavoratori autonomi oppure atipici le cose si complicano, perché, non disponendo del Tfr, essi se vorranno accedere alla Previdenza Complementare dovranno necessariamente reperire risorse aggiuntive il che rende l’adesione ancor più gravosa.
Nel presente lavoro si cercherà di individuare l’importanza e la necessità della Previdenza Complementare in una moderna economia poiché è ritenuta anche all’interno dell’area comunitaria mezzo ideale necessario a coprire il rischio di longevità (noto negli Stati Uniti come probabilità di “rovina”). E’ noto che fin quando la Previdenza Pubblica provvederà ad elargire importanti rendite ai lavoratori in quiescenza, la necessità di ricorrere ad una pensione aggiuntiva (complementare ad essa) è minore oppure addirittura assente. Com’è noto, in seguito alla riforma Dini, i tassi di sostituzione (rapporto tra l’ultimo stipendio e la prima prestazione pensionistica) sono destinati nel lungo periodo a diminuire sensibilmente. Questa decisione è stata necessaria per riequilibrare la finanza pubblica in quanto il nostro sistema previdenziale è basato sul sistema a ripartizione (le prestazioni ai pensionati vengono pagate dai contributi dei lavoratori) che come è noto è entrato in crisi. Ciò è dovuto al fatto che i lavoratori attivi stanno diminuendo in relazione al numero dei pensionati (in crescita per via dell’allungamento della vita media). Tale necessità non è però percepita per intero dall’opinione pubblica ed a questo dovrà ovviare (ed in parte lo sta già facendo) il Governo (attuale e tutti quelli che si avvicenderanno) per permettere ai lavoratori di percepire il problema e di costruire una propria pensione da affiancare a quella pubblica (di “base”) al fine di ottenere un tasso di sostituzione sufficiente per la conduzione di un dignitoso tenore di vita (ricerche stabiliscono che esso debba essere pari almeno all’84%). E’ questa la funzione caratteristica della Previdenza Complementare a cui però si affiancano altre funzioni, per così dire, accessorie. Ad esempio il ricorso al mercato finanziario (le contribuzioni alla Previdenza Complementare confluiscono temporaneamente al suo interno attraverso strumenti semplici quali azioni ed obbligazioni) può permettere alle imprese in deficit di risorse finanziarie di approvvigionarsi di esse senza far ricorso al canale tradizionale (credito bancario). Tra le altre funzioni accessorie, che riguardano più da vicino il nostro studio, c’è il vantaggio che possono ottenere gli intermediari finanziari (banche, SIM, SGR, compagnie di assicurazione) nel gestire le ingenti masse di denaro (si stima che solo le quote annue di Tfr ammontino a 19 miliardi di euro) e quindi ricercare un’altra opportunità di guadagno rappresentato dalle relative commissioni di gestione. Specie per le banche quest’area di business può rappresentare un’alternativa importante che potrà permettere loro di integrare i propri utili ed ovviare alla riduzione del margine di interesse (la loro caratteristica fonte di guadagno) dovuta alla sensibile riduzione dei tassi sul mercato intervenuta dagli inizi degli anni ’90 ad oggi.
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Informazioni tesi
Autore: | Giuseppe Durante |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia Aziendale |
Relatore: | Emilio Di Tommasi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 328 |
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