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Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello

Lo scritto si occupa del delicato e controverso argomento del rapporto tra contratti collettivi di diverso livello.

Difatti, al fine di comprendere al meglio l’attuale assetto contrattuale, è necessario fornire dapprima delle informazioni di carattere generale sui periodi più risalenti e sule modalità con cui furono allora affrontate le questioni più delicate; solo in seguito, si può dedicare attenzione agli avvenimenti più recenti, in modo da riuscire a individuare analogie e differenze. Conseguentemente, all’interno del suddetto lavoro, si è optato proprio per una tale scelta espositiva: il primo capitolo concerne infatti un’analisi generica non solo dei periodi contrattuali che si sono di volta in volta alternati, ma in particolare degli accordi interconfederali maggiormente rilevanti realizzatosi a partire dagli anni ‘60 fino ai nostri giorni.

Andando avanti, il secondo capitolo della dissertazione si occupa, in primo luogo, della ripartizione delle competenze tra primo e secondo livello contrattuale nel Protocollo del 1993 – il quale può essere definito un vero e proprio saldo punto di riferimento non solo per le parti sociali, ma anche per la dottrina – e, in secondo luogo, delle soluzioni giurisprudenziali nel caso di deroghe peggiorative al contratto nazionale. A questo riguardo, bisogna specificare che una delle problematiche strettamente collegate alla questione dei rapporti tra contratti collettivi di diverso ambito è proprio quella relativa alle deroghe peggiorative, che il contratto di secondo livello può effettuare nei confronti del contratto di primo livello. La situazione è aggravata dal fatto che, nel nostro ordinamento, non è stata trovata ancora una soluzione univoca al riguardo, né da parte della dottrina, né dalla parte della giurisprudenza – tutto ciò è acuito dal fatto che manchi un sistema legislativo chiaro al riguardo –, con la conseguenza che il contratto decentrato ben può derogare, anche in peius, il contratto nazionale. Tale possibilità derogatoria-modificativa non viene messa in discussione dagli esperti del diritto del lavoro – dal momento che, all’interno del nostro ordinamento, non sono rinvenibili principi contrari –; tuttavia, la questione si complica quando le deroghe sono talmente ampie da mettere in discussione il rapporto intercorrente tra i due livelli contrattuali, oppure – questione ancora più delicata –, quando il contratto di secondo livello oltrepassa gli spazi di intervento messi a disposizione dal contratto di primo livello; al riguardo, difatti, non è prevista alcuna sanzione sul piano giuridico. Si può certamente dire che permettere al contratto territoriale e/o aziendale di derogare al contratto nazionale determini uno spostamento del baricentro del sistema contrattuale a favore della contrattazione decentrata; il che, conseguentemente, crea una nuova ripartizione delle competenze tra i contratti collettivi di diverso ambito.

Infine, il terzo capitolo affronta le più recenti vicende giuridico-sindacali avvenute negli ultimi mesi, ossia l’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e l’articolo 8 della legge 148 del 2011. Questi due ultimi atti, in particolare, pongono diversi problemi pratici e giuridici, a partire dalla loro reciproca e ipotetica inconciliabilità; tuttavia, senza anticipare troppo quello che si dirà ampiamente nel corso del suddetto scritto, mentre l’accordo interconfederale presenta come indubbia nota positiva la firma congiunta dei tre sindacati – dopo un burrascoso periodo fatto di accordi separati (basti pensare alla vicenda Fiat) durato all’incirca due anni –, l’articolo 8 della legge sembra, al contrario, collocarsi al di fuori del sistema previsto dalla volontà delle parti sociali e in visibile contrasto con i principi costituzionali.

Oltre alla questione delle deroghe peggiorative, verranno trattate altre problematiche strettamente connesse all’argomento-principe del seguente scritto: quella dell’efficacia generale del contratto collettivo – istituto “impervio” che ha però sicuramente contribuito ad incrementare il dibattito dottrinale – e quella della rappresentatività del sindacato nel settore privato. Con riguardo alla prima tematica, il problema è sempre lo stesso: essendo il contratto collettivo un contratto di diritto comune, quale trattamento normativo-economico verrà applicato ai lavoratori iscritti ai sindacati dissenzienti o ai lavoratori non iscritti ad alcun sindacato? In questo senso, si cercherà di dare risposta, anche mediante le nuovi previsioni, e collettive e legislative. Con riguardo al secondo punto, la questione – in parte risolta dall’accordo interconfederale – risulta (ancora) problematica sotto alcuni profili: esiste un obbligo a contrattare per il datore di lavoro? Oppure, il “pericolo” dei contratti a firma separata viene scongiurato, alla luce di questa nuova previsione collettiva? Queste e altre domande cercheranno di essere risolte nel corso del seguente elaborato.

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Introduzione Scopo di questo scritto è quello di fornire un breve quadro ricognitivo delle vi- cende più importanti che si sono susseguite nel corso degli anni nell’ambito del delicato e controverso argomento del rapporto tra contratti collettivi di diverso livello. null Difatti, al fine di comprendere al meglio l’attuale assetto contrattuale, è ne - cessario fornire dapprima delle informazioni di carattere generale sui periodi più risalenti e sule modalità con cui furono allora affrontate le questioni più de- licate; solo in seguito, si può dedicare attenzione sugli avvenimenti più recenti, in modo da riuscire a individuare analogie e differenze. Conseguentemente, al- l’interno del suddetto lavoro, si è optato proprio per una tale scelta espositiva: il primo capitolo concerne infatti un’analisi generica non solo dei periodi contrat- tuali che si sono di volta in volta alternati, ma in particolare degli accordi inter- confederali maggiormente rilevanti realizzatosi a partire dagli anni ‘60 fino ai nostri giorni. null Andando avanti, il secondo capitolo della dissertazione si occupa, in primo luogo, della ripartizione delle competenze tra primo e secondo livello contrat- tuale nel Protocollo del 1993 – il quale può essere definito un vero e proprio sal- do punto di riferimento non solo per le parti sociali, ma anche per la dottrina – e, in secondo luogo, delle soluzioni giurisprudenziali nel caso di deroghe peg- giorative al contratto nazionale. A questo riguardo, bisogna specificare che una delle problematiche strettamente collegate alla questione dei rapporti tra con-

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