Nuovi orientamenti delle corti americane sul copyright. First sale doctrine
Il diritto di copyright nell’esperienza giuridica americana trova la propria fonte normativa primaria nel Copyright Act del 1976. Il testo normativo richiamato, infatti, disciplina il contenuto ed limiti del copyright e di ogni altro diritto ad esso connesso. La first sale doctrine è, invece, una delle eccezioni al diritto di distribuzione contemplate nel Copyright Act americano del 1976; nasce e si sviluppa grazie al contributo della giurisprudenza che a partire dal caso “Bobbs Merrill & Co v. Straus” nel 1908 e si è fatto sempre più insistente per poi approdare alle decisioni che nell’ultimo biennio ne hanno modificato la sostanza e che ancora fanno discutere sulla operatività della stessa.
La first sale doctrine, elaborata da una stretta interpretazione della previsione normativa contenuta nella sezione 109 del Copyright Act, riconosce al proprietario della copia di un’opera protetta da copyright, legalmente acquistata di poterne usufruire e disporne liberamente mediante la vendita oppure mediante ulteriori e diversi atti di disposizione consentiti dalla legge. Ciò in quanto il titolare del copyright dell’opera protetta esaurisce ogni potere di controllo sulla stessa nel momento in cui, per la prima volta l’opera protetta viene venduta senza che questo si traduca in una violazione del diritto di distribuzione previsto della sezione 106 che, invece, consentirebbe al solo titolare dell’opera protetta di distribuire copie attraverso la vendita oppure attraverso ogni altro atto a ciò idoneo.
L’eccezione al diritto di distribuzione come originariamente formulata, è stata plasmata dalle interpretazioni della giurisprudenza degli ultimi venti anni tanto che, oggi, il principio in commento viene richiamato per giustificare, sotto il profilo strettamente giuridico, la rivendita di copie di opere nel mercato americano anche se importate dall’estero. In altri termini, negli Stati Uniti, in virtù di un’interpretazione estensiva del principio della dottrina della prima vendita, si è sempre consentita la rivendita di beni e/o opere protette provenienti dall’estero, purché fabbricati in America e esportati.
Le problematiche sorte in merito all’ampiezza del raggio di operatività della first sale doctrine sono state l’eredità ricevuta da un caso che ha animato la giurisprudenza americana a partire dal 2008, approdato poi dinanzi alla Corte Suprema Federale degli Stati Uniti e deciso con sentenza nel 2013. La pronuncia in commento, sovvertendo il leading case che si era formato prima, ha scardinato la radicata convinzione della dottrina americana sui limiti di operatività del principio in esame. La controversia innanzi citata “Supap Kirtsaeng v John Wiley & Sons” non ha solo inaugurato il dibattito sul rapporto tra la tutela da riservare al titolare del diritto di copyright con il graduale e crescente spostamento della produzione dell’impresa americana all’estero, ma soprattutto ha portato alla ribalta una questione nuova ovvero, quella relativa alla applicabilità della first sale doctrine nelle ipotesi di trasferimento di opere protette, rivendute negli Stati Uniti benché prodotte all’estero. La pronuncia assunta dalla Corte Suprema è stata, inoltre, l’occasione per l’analisi di problemi giuridici ulteriori, in particolare la dottrina e la giurisprudenza americana si sono concentrate sull’estensione dell’operatività della first sale doctrine nell’ambito del cd. mercato dell’ usato digitale. I giudici americani infatti hanno avuto l’occasione di affrontare un problema di portata e di interesse globale: si sono cioè interrogati sulla legittimità della rivendita di opere protette dal copyright americano effettuata nel dominio digitale. Il confronto sulla questione è stato intenso e ricco di considerazioni soprattutto da parte della dottrina americana. Quest’ultima si è particolarmente soffermata sui riflessi di natura economica che potrebbero derivare da una plausibile estensione del principio della first sale doctrine nel nuovo marketplace. Dall’analisi effettuata emerge un dato significativo, la giurisprudenza americana ha dovuto riconoscere le lacune di fondo del Copyright Act del 1976 che, per certi versi risulta inadeguato rispetto all’avanzamento della moderna tecnologia che modificando il tradizionale meccanismo di trasferimento dei beni da un soggetto ad un altro, soddisfa da un lato, le esigenze dei possessori di copie di opere protette consentendo agli stessi una più semplice ed immediata trasferibilità delle stesse, dall’altro scopre e rende più vulnerabile la tutela riservata alle imprese editrici delle opere originali. Dunque, appare evidente e soprattutto necessaria una rivisitazione della normativa vigente la cui efficacia non potrà prescindere dal bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco.
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Ruggiero |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Diritto anglo-americano |
Relatore: | Valentina Barela |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 123 |
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