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Misure di sicurezza e doppio binario: dall'equivoco storico del codice liberale al sistema del codice Rocco. Il paradigma dei manicomi ''criminali''.

La presente ricerca ha per oggetto l’evoluzione storica del rapporto fra le pene e le misure di sicurezza nella legislazione penale italiana, con particolare riferimento al periodo compreso fra il codice penale Zanardelli del 1889 ed il codice penale Rocco del 1930, ma con uno sguardo anche alle esigenze di riforma che più volte si sono manifestate nel corso del periodo repubblicano.
Si è tentato anzitutto di individuare le funzioni assolte da pene e misure di sicurezza nei diversi periodi storici, tenuto conto dell’elaborazione dottrinale che ha accompagnato la redazione dei codici penali italiani e dei vari progetti di riforma.
Si è messo in luce come se da un lato il codice Zanardelli, in coerenza con i principi liberali della Scuola classica del diritto penale, assegnava alle pene la funzione di retribuzione del male arrecato con il reato commesso, dall’altro, tuttavia, disciplinava già alcuni provvedimenti di natura preventiva che si differenziavano dalla pena e che possono essere considerati i precedenti storici delle attuali misure di sicurezza.
A tal proposito, si è passati alla rassegna di quelli che erano i principi propugnati dalla Scuola positiva, la quale sottopose a dure critiche il codice liberale e propose l’unificazione delle misure di sicurezza e delle pene nell’unica categoria delle “ sanzioni criminali “, da applicarsi in considerazione della “ pericolosità criminale “ dei singoli delinquenti, in modo da poterle adattare a ciascuno di essi.
I postulati di questa Scuola portarono all’elaborazione di un progetto di parte generale di codice penale, il c.d. progetto Ferri, che introduceva una classificazione molto dettagliata dei delinquenti e delle sanzioni criminali.
Si trattò, tuttavia, di un progetto mai entrato in vigore, non solo per la sua incompiutezza, ma anche a causa sia dei profondi mutamenti politici intervenuti immediatamente dopo la sua elaborazione sia della necessità del fascismo di elaborare un codice che fosse espressione del suo regime.
Sono state quindi trattate le critiche avanzate da una dottrina ormai orientata verso l’unificazione delle contrapposte visioni delle due Scuole; critiche che portarono all’elaborazione di un nuovo codice penale, il codice Rocco del 1930, nel quale pene e misure di sicurezza rappresentavano, nell’intenzione del legislatore, due categorie ben distinte ed aventi finalità e caratteristiche diverse e che, per tale motivo, davano luogo al c.d. sistema del “ doppio binario “.
Nella ricostruzione della disciplina e delle funzioni assolte dalle misure di sicurezza, particolare attenzione è stata dedicata alla nascita ed all’evoluzione dei manicomi criminali, fino alle più recenti modifiche legislative introdotte dal legislatore repubblicano e da importanti pronunce della Corte Costituzionale.
In questa prospettiva, un ruolo fondamentale ha senz’altro giocato la
stessa Carta Costituzionale del 1948, che, con l’attribuire anche alle pene una funzione rieducativa, ha suscitato un vasto dibattito dottrinale, diretto prima a modificare e poi ad eliminare il sistema del doppio binario, vista l’identità di funzioni che pene e misure di sicurezza hanno finito per svolgere nel corso degli oltre 70 anni di vigenza del codice Rocco.
Un dibattito che ha trovato conferma nella legislazione penale più recente, che ha portato a restringere notevolmente il campo di applicazione delle misure di sicurezza.

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6 Capitolo 1 Il codice Zanardelli e il confronto fra la Scuola classica e la Scuola positiva Sommario: 1.1 Le contraddizioni del codice penale sardo del 1859 1.2 La pena nel pensiero della Scuola classica e della Scuola positiva 1.3 I caratteri del codice Zanardelli 1.4 Istituti e provvedimenti di natura preventiva nel codice Zanardelli 1.5 La nascita dei “ manicomi criminali “ 1.1 Le contraddizioni del codice penale sardo del 1859 La codificazione italiana preunitaria presentava insieme caratteri di continuità e di rottura rispetto al pensiero illuministico ed alla legislazione penale dell’inizio dell’800. Il codice penale sardo del 1859, destinato a diventare il primo codice penale dell’Italia unita, in coerenza con i principi dell’Illuminismo, stabiliva le garanzie della stretta legalità e dell’irretroattività della legge penale e disponeva il divieto di aumentare, diminuire o commutare le pene, se non nei casi ed entro i limiti stabiliti dalla legge stessa. Tuttavia, “ i principi garantistici erano spesso svuotati da norme penali incriminatici funzionali ad una tutela privilegiata degli interessi politici ed economici dei ceti dominanti ”. 1 1 C. F. Grosso, G. Neppi Modona, L. Violante, Giustizia penale e poteri dello Stato, Milano 2002, pp.154 ss

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