Le discriminazioni di genere nel rapporto di lavoro
Diversificare il salario di una donna rispetto a quello di un uomo che svolge lo stesso lavoro allo stesso livello è discriminazione.La tesi esamina le diverse tipologie di discriminazione ( diretta, indiretta, individuale, collettiva, multipla) che l'individuo può subire nel rapporto di lavoro per ragioni connesse al " genere". E' questa l'illegittimo trattamento differenziato che colpisce un soggetto, non in quanto uomo o donna, ma in quanto uomo o donna con specifiche esigenze tutelate dalla legge. Il fenomeno viene trattato nell’ambito del rapporto di lavoro (soprattutto subordinato) perché qui i suoi effetti sono più dannosi che altrove visto che esso crea un forte limite allo sviluppo della persona umana – considerato che il lavoro è il principale strumento di inclusione sociale e una delle vie per assicurare ad ogni soggetto un’esistenza libera e dignitosa– e perché il rapporto di lavoro ben si presta alle disparità di trattamento, le quali trovano terreno fertile proprio nella relazione diseguale che si viene a creare tra il datore e il lavoratore. Dopo aver dato uno sguardo approfondito alla normativa internazionale e comunitaria in materia, ci si sofferma sul panorama legislativo italiano integrandolo con il recentissimo d. lgs. n. 198/2006. Un ruolo fondamentale viene qui riconosciuto alle "azioni positive" quali misure volte a favorire le pari opportunità nei luoghi di lavoro e ad operare sia in sede di prevenzione delle discriminazioni che come rimedio alle stesse.In ultima sede vengono esaminati i più importanti strumenti di tutela, giudiziaria e non, del principio di parità di trattamento.Per quanto concerne la tutela giudiziaria ci si è soffermati sulle principali problematiche processuali, tra queste: la tipologia di azioni esperibili in giudizio e la ripartizione del carico probatorio (si vedrà che non può parlarsi di inversione dell’onere della prova). Rilievo autonomo è riconosciuto alla possibilità che il giudice condanni l’autore del comportamento discriminatorio al risarcimento del danno anche non patrimoniale come disposto dal d.lgs. 145/05 (la novità ha un certo spessore si ritiene, infatti, che sia idonea ad incentivare il ricorso allo strumento processuale; non va dimenticato, infatti, che, nonostante la maggior parte dei processi intentati nei confronti del datore di lavoro dalla persona che ha subito una discriminazione si concludano in favore del ricorrente, il rimedio giudiziale ha uno scarso successo). Lo studio dei motivi che impediscono alla vittima di una discriminazione di rivolgersi al giudice ha permesso, infine, di esaminare gli elementi che attengono al profilo non giudiziale della tutela antidiscriminatoria. Uno sguardo approfondito merita l'azione pubblica che viene intentata in caso di discriminazioni collettive dalla Consigliera di parità e la figura di quest'ultima. L’intento è quello di rimediare alla scarsa attenzione che studiosi e operatori del diritto dedicano a questa problematica forse nella convinzione che i progressi compiuti nella legislazione sociale abbiano “debellato” le disparità di trattamento tra uomo e donna, che, invece, sembra abbiano messo radici ben salde nell’ambiente lavorativo
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Informazioni tesi
Autore: | Giovanna Lo Presti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Messina |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Renata Altavilla |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 182 |
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