Le condizioni per l’esercizio dell’autotutela nel diritto internazionale
L’oggetto della presente trattazione è una aspetto specifico della materia della responsabilità internazionale degli Stati ed in particolare di quella parte di essa che riguarda le conseguenze della commissione di un atto illecito internazionale da parte di uno Stato nei confronti di un altro Stato. Tale aspetto particolare è costituito dal quadro degli obblighi che lo Stato pregiudicato dalla commissione dell’illecito è tenuto ad adempiere prima di fare ricorso all’esperimento di contromisure nei confronti dello Stato preteso autore della condotta lesiva. La questione sarà pertanto quella di esaminare se si siano formati nella prassi e nel diritto consuetudinario generale degli obblighi di adempimenti preliminari all’adozione di contromisure nel diritto internazionale e, in caso affermativo, quali siano tali adempimenti a cui gli Stati sono obbligati e con quali modalità ed a quali condizioni debbano essere esercitati.
Già in linea di principio l’esistenza di obblighi dello Stato leso il cui preventivo adempimento condizioni la liceità delle contromisure sta ad indicare una regolamentazione della facoltà di autotutela dello Stato pregiudicato dalla commissione nei suoi confronti dell’atto illecito. Di tale facoltà, infatti, il ricorso a contromisure costituisce una forma. Si tratta pertanto di un elemento meritevole di una attenta considerazione, poiché la questione della esistenza degli obblighi in precedenza menzionati costituisce uno degli aspetti della questione del troppo precipitoso ricorso a contromisure unilaterali.
Approfondire questi aspetti, poi, conduce contemporaneamente a valutare alcuni dei caratteri fondamentali appartenenti alle contromisure che risultano essere rivelatori della loro natura, come, a titolo esemplificativo, la loro temporaneità o definitività.
Agli obblighi differenti dall’esperimento di mezzi di regolamento amichevole delle controversie eventualmente sorte fra Stati sono state per molto tempo riservate dalla dottrina solamente alcune brevi osservazioni, anche se, ad onor del vero, questo non è più vero per quel che riguarda la dottrina contemporanea. Ci si è limitati nella generalità dei casi solamente a richiamare l’esigenza di una preventiva intimazione a riparare rivolta allo Stato presunto autore dell’atto illecito commesso. Si è ripetuto che se lo Stato leso voleva adottare delle contromisure doveva procedere preliminarmente ad una sommation, come stabilito nella sentenza arbitrale Naulilaa. La rapidità della osservazione poteva indurre a pensare che non vi fosse altro da aggiungere.
Tuttavia riguardo alla specifica e concreta determinazione dell’obbligo di intimazione, il semplice richiamo alla sommation appare insoddisfacente. Molto frequentemente il contenuto dell’obbligo non era oggetto di indagine e la sua esistenza veniva affermata in termini assai generici.
Alla regola, infatti, si ponevano a volte diverse limitazioni senza alcuna altra apparente motivazione che non fosse l’applicazione di un criterio di ragionevolezza, cosa che faceva arrivare alle più disparate soluzioni.
La varietà delle eccezioni poste alla regola fa sorgere il dubbio che si siano volute ricondurre sotto un’unica fattispecie ipotesi di atti illeciti e di contromisure aventi caratteri ben differenti le une dalle altre, ipotesi rispetto alle quali l’obbligo di intimazione, assolvendo finalità differenti, potrebbe assumere contenuti distinti.
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Informazioni tesi
Autore: | Dario Giannilivigni |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | L. Di Brozolo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 149 |
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