La tutela della riservatezza nel rapporto di lavoro
La serie di diritti e di valori nuovi della persona, quali il diritto all’identità personale ed il diritto alla riservatezza, che si affiancano a quelli tradizionali del diritto al nome ed all’immagine, trovano oggi fondamento in norme a diverso livello: norme costituzionali, norme del codice civile e penale, norme speciali.
Tali diritti si dispiegano su più piani: nei confronti degli altri individui, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, all’interno e nei confronti delle organizzazioni e ‘formazioni sociali’, nei luoghi di lavoro.
Proprio in relazione a quest’ultimo piano è bene premettere che si tratta di un settore particolarmente delicato visto che il diritto alla riservatezza potrebbe essere facilmente soggetto a compressione a causa della particolare posizione in cui si viene a trovare il lavoratore nell’azienda.
Questo studio provvederà ad analizzare, nel primo capitolo, le attuali dimensioni della tutela della riservatezza in riferimento alle persone fisiche, partendo dalla difficile emersione, in mancanza di una norma che lo prevedeva espressamente, di un diritto alla riservatezza, per arrivare alla tutela della privacy, intesa attualmente quale “diritto all’autodeterminazione informativa”, conseguenza dell’intervento legislativo n. 675/1996.
Nel secondo capitolo si entrerà pienamente nel settore lavoristico evidenziando le modifiche al tradizionale assetto che caratterizzava il rapporto di lavoro apportate dallo Statuto dei lavoratori, grazie al quale si ridussero drasticamente gli aspetti di soggezione del lavoratore, attribuendogli posizioni attive di controllo in ordine a diversi aspetti dell’attuazione del rapporto e limitando, dall’esterno, l’esercizio dei poteri dell’imprenditore.
Particolarmente importanti, da questo punto di vista, i limiti alla disponibilità dei diritti di riservatezza posti dallo Statuto con le varie norme contenute nel Titolo primo, come ad esempio, l’art. 8 che formalizza e incardina il diritto di riservatezza del lavoratore, giacché, secondo l’usuale tecnica del divieto, contorna la sua persona di una zona di rispetto impedendo al datore di lavoro di indagare - anche a mezzo di terzi - al fine di conoscere le sue opinioni politiche, sindacali o religiose nonché i fatti non rilevanti per la valutazione delle sue attitudini professionali.
Tuttavia la nostra realtà ad alto tasso tecnologico ha rilevanti implicazioni nell’ambiente di lavoro, nel complesso tutte le norme dello Statuto, pur offrendo un buon grado di protezione alla sfera del soggetto nei confronti di possibili intrusioni, al contempo, quelle stesse norme, non riescono a contrastare il fenomeno dell’archiviazione elettronica di tutta una serie indefinita di dati, lecitamente assunti o conosciuti sulla persona del lavoratore.
Si tratta del problema dei cosiddetti ‘profili completi’ del lavoratore (argomento trattato nella parte finale del secondo capitolo), profili ottenuti confrontando e combinando tra loro i dati fino ad ottenere, da frammenti di notizie, notizie più complete e utilizzabili ai più disparati fini.
A dare una risposta in questa delicatissima materia è intervenuta ora la legge n. 675 del 1996 che, pur con una serie di cautele, contiene una disciplina generale per la tutela della riservatezza del trattamento dei dati personali.
La rilevanza della legge n. 675 non è chiaramente limitata al problema dei profili del lavoratore, ma coinvolge l’intero rapporto di lavoro.
La disciplina complessivamente posta a protezione della sfera personale del lavoratore si presenta articolata in modo composito: la nuova legge, che non contiene disposizioni ad hoc concernenti il rapporto di lavoro, deve in primo luogo confrontarsi con una normativa di settore già vigente.
La soluzione accolta è stata quella di fare salvo l’esistente e di sovrapporvi la nuova disciplina generale, quest’ultima, quindi, potrà essere invocata, quale norma generale, nei limiti di compatibilità con lo speciale complesso di disposizioni espressamente salvaguardato dalla nuova legge, con la conseguenza che tali innesti regolativi si troveranno ad operare in un sistema normativo caratterizzato da principi e finalità capaci di asservirli e, comunque, specializzarne i contenuti e le modalità applicative.
Il tradizionale diritto di riservatezza si è trasformato e, grazie anche al contributo di questa nuova legge, è definibile ora come ‘diritto all’autodeterminazione informativa’, da intendersi - in questa nuova veste - come diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni, di esigerne, cioè, una circolazione controllata.
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Informazioni tesi
Autore: | Mario Azzella |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2001-02 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Bruno Veneziani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 233 |
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