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La successione nel contratto di locazione e la convivenza more uxorio



La Corte Costituzionale con la ormai “storica” sentenza n° 404 del 7/4/1988 ha apportato una rilevante modifica alla disciplina sulle locazioni. In tale decisione infatti è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 6 della L. 27/7/1978 n° 392, “nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente, quando vi sia prole”.
Tale estensione giurisprudenziale della suddetta norma comportò il subentro nel contratto locativo anche a favore del convivente more uxorio con rilevanti conseguenze dal punto di vista sociale e del diritto sull’annosa questione del riconoscimento “giuridico” della famiglia di fatto. A tal proposito, la fattispecie presa in esame fornì un chiaro esempio di come la nostra giurisprudenza avesse finalmente deciso di offrire un’adeguata tutela ad una relazione familiare sorta fuori del matrimonio; e nel contempo di come avesse preso coscienza dell’ esistenza nel nostro Paese di una pluralità di rapporti affettivi, tutti meritevoli di tutela.
Infatti, nel caso specifico, la Suprema Corte con la sentenza n° 9868 del 10/10/1997 ha deciso di salvaguardare la posizione di una donna, che a seguito della cessazione della convivenza more uxorio con il compagno, titolare del contratto, avrebbe dovuto, secondo la società locatrice dell’appartamento, lasciare l’immobile dove viveva con il figlio, nato dalla suddetta relazione. La Cassazione invece ha riconosciuto la donna quale detentrice di un diritto autonomo, permettendole di assumere la veste di unica conduttrice e rigettando la richiesta di rilascio dell’appartamento avanzata dalla società locatrice.
Così come ritenuto dalla Corte, il subentro nel contratto da parte della convivente deve essere considerato automatico ed indipendente al fine di garantire un diritto fondamentale per uno stato democratico quale è l’Italia: quello all’abitazione.
Se però da un lato i nostri giudici hanno tutelato un generale dovere di solidarietà sociale impedendo che taluno resti privo di dimora, dall’altro lato essi non hanno provveduto ad eliminare il trattamento discriminatorio a sfavore della convivenza more uxorio rispetto all’istituto matrimoniale, ancora presente nel nostro ordinamento in molti rami della nostra vita sociale.
Per questa ragione abbiamo ritenuto opportuno approfondire il nostro studio sul significato della “famiglia di fatto”, sulla sua storia e sulla sua evoluzione nel nostro sistema normativo nell’arco degli ultimi anni.
Siamo quindi passati ad analizzare, in un esame comparato, la posizione dell’ordinamento italiano rispetto a quello di altri stati del mondo, quali la Francia, la Germania, gli U.S.A. e l’Inghilterra. Alla conclusione delle nostre ricerche abbiamo sottolineato come il nostro ordinamento non sia al passo coi tempi, con il doppio rischio di rimanere isolati in Europa e di apparire agli occhi del mondo moderno come una nazione antiquata e anacronistica.
Infine abbiamo fatto qualche riflessione sulla proposta di legge nota come P.A.C.S. (Patto Civile di Solidarietà), sulle sue funzioni e sulle possibili conseguenze positive che tale proposta potrebbe portare alla nostra società.
Da ciò abbiamo voluto lasciar intendere, secondo il nostro studio basato su un delicato intreccio tra diritto e morale, sistema normativo e rapporti affettivi, come la nostra posizione aspiri a una totale equiparazione tra famiglia di fatto e famiglia legittima, nutrendo un profondo rispetto per la libertà dei singoli di vivere il proprio rapporto sentimentale anche al di fuori di ogni schema giuridico-formale, oggi obbligatoriamente offerto dallo Stato.

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3 1. Il caso di specie: sentenza della Cassazione civile sez. III, 10 - 10 - 1997, N. 9868 L’emanazione della sentenza n. 9868 del 10 10 1997 da parte della Corte di Cassazione sez. III, ha suscitato notevole interesse per la portata che ha avuto e avrà sulla annosa questione del riconoscimento giuridico della c.d. "famiglia di fatto" derivante dalla convivenza " more uxorio". A caratteri generali possiamo affermare che la nostra giurisprudenza, ormai da molti anni, si è mostrata via via più sensibile ai problemi posti dai rapporti di fatto, posto che “tutte le situazioni, anche di puro fatto, hanno una rilevanza nel mondo del diritto, perché, anche se non disciplinate come fattispecie tipiche, pongono problemi che devono essere risolti”. 1 Più in particolare è nostra intenzione analizzare come la convivenza more uxorio abbia avuto rilievo nella successione nel contratto di locazione, o meglio quando in seguito alla “separazione” tra i conviventi, “l’esistenza di prole naturale valorizzi ulteriormente la ratio decidendi per la conservazione dell’abitazione alla residua comunità familiare”. 2 Nel caso specifico preso in esame, il ricorrente si rivolgeva alla Suprema Corte, per ottenere la cassazione della sentenza n. 3428 del 8 novembre / 6 dicembre 1994 della Corte di Appello di Roma. All’inizio del processo di primo grado, presso un appartamento della Capitale, alloggiavano, in base a un contratto di locazione, un uomo e 1 C.Grassetti, La separazione personale dei coniugi, Problemi di diritto sostanziale, in Giustizia Civile 1964, IV, 5. 2 Corte Costituzionale 7 aprile 1988, N. 404, in Foro Italiano 1989, I, 515.

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Quinto
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Renato Clarizia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 41

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