La rieducazione del minorenne tra le mura del penitenziario
La rieducazione del minorenne all’interno del circuito penitenziario è un argomento nato dall’interesse per l’evoluzione che ha subito l’idea di carcere: da luogo di reclusione punitivo-repressivo ad uno di stampo rieducativo che, ponendosi sempre e comunque come extrema ratio, ha l’obiettivo di favorire una fuoriuscita positiva del minorenne.
Il percorso svolto ha come filo conduttore uno dei principi cardine del sistema penale minorile, ossia la coniugazione dell’esigenza di fornire una risposta all’atto trasgressivo in termini sanzionatori con la necessità di proteggere il percorso evolutivo del minorenne
dall’effetto di un contatto traumatico con il sistema giudiziario, considerando la personalità in fieri dello stesso.
«L’evoluzione della giustizia minorile in Italia, ha portato alla realizzazione di un modello improntato all’essenziale finalità di recupero del minorenne deviante mediante la sua rieducazione ed il suo reinserimento sociale».
Il trattamento penale del minorenne rispetto all’adulto ha da sempre presentato note di diversità, accentuate prevalentemente sull’aspetto punizione nei confronti dei minorenni, trattandosi di personalità ancora in divenire, non in grado di percepire il messaggio motivazionale della legge penale. Accanto all’ambito retributivo, un ulteriore aspetto che ha anche dominato le esperienze legislative internazionali è, senz’altro, quello rieducativo: le peculiarità della condizione minorile esigono che alcuni capisaldi del diritto penale e processuale vengano modellati su esse stesse, infatti: deve essere un giudice specializzato a giudicare i minorenni; le esigenze educative devono prevalere sulla gravità del reato commesso; le risposte istituzionali devono essere varie e flessibili e infine alla pena detentiva deve competere un ruolo solo marginale.
Tuttavia nel sistema penale minorile, se la presenza di istituti specializzati ha avuto l’effetto di produrre una differenziazione qualitativa del trattamento sanzionatorio del minorenne rispetto all’adulto, che ha ridotto di molto il ricorso alla normativa penitenziaria, rendendo meno urgente l’ esigenza di un complesso normativo specifico, non sono mancati rilevanti limiti in ambito applicativo.
maniera adeguata alla personalità del minorenne e alle sue esigenze di natura educativa, ex art. 1 d.P.R. 22 Settembre 1988, n. 448, ha finito per svolgere un’azione di supplenza alla normativa penitenziaria: per questo motivo, l’esigenza di un ordinamento penitenziario minorile autonomo e peculiare, fissato sulla base della diversità qualitativa fra adulto e soggetto minore, che sancisca una risposta istituzionale differenziata nel momento in cui la pena detentiva deve essere concretamente eseguita è di fondamentale importanza.
Dal R.d.l. 20 Luglio 1934, n. 1404, che istituì il Tribunale per i minorenni e con esso, il primo Centro di rieducazione, il quale offriva come unica soluzione, l’internamento in una istituzione chiusa, prettamente repressiva, alla Legge 25 Luglio 1956, n. 888, contenente modificazioni al R.d.l. n. 1404/1934, che iniziò a prevedere una gamma di misure rieducative che comunque conservavano un ruolo complementare rispetto alla pena e che istituì le cosiddette prigioni-scuola che avevano «un’organizzazione di tipo collegiale e attribuivano alla pena comminata nei confronti dei reati minorili un successive legislazioni integrative che, anche sulla base delle più
importanti convenzioni internazionali, hanno segnato un significativo mutamento relativamente alla funzione e all’ importanza della rieducazione nell’ambito della giustizia minorile: queste, le tappe fondamentali sulle quali si svilupperà l’analisi sull’evoluzione e sui limiti della rieducazione del minorenne.
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria Traversa |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Marilena Colamussi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 100 |
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