La correttezza delle determinazioni del P.m. in ordine all'esercizio dell'azione penale: il principio di obbligatorietà dell'azione penale.
Il lavoro che presento è frutto di una ricerca che ha avuto come obiettivo l’analisi di uno dei problemi più attuali e mai sopiti che investono il processo, ovvero il “corretto esercizio dell’azione penale” ad opera del soggetto cui compete lo svolgimento delle prime indagini in presenza di una qualsivoglia notitia criminis, il Pubblico ministero.
La prima parte del lavoro è essenzialmente storica.In particolare mi sono soffermata sulle ripercussioni che le scelte di politica criminale hanno avuto sulla figura cardine del processo penale ovvero il magistrato incaricato della funzione inquirente che rappresenta tutt’oggi il perno principale, l’ingranaggio fondamentale attorno al quale ruota l’intero funzionamento della macchina processuale.
Il cuore del lavoro è rappresentato dal fondamentale principio di obbligatorietà dell’azione penale con tutte le implicazioni che esso comporta, cristallizzato all’art. 112 della Costituzione e oggetto di svariate e spesso contrastanti interpretazioni della dottrina e della più autorevole giurisprudenza; precetto che rende il Pubblico ministero dominus dell’intera fase investigativa e titolare indiscusso dell’importante potere propulsivo dell’azione penale. Ho tentato, grazie agli insegnamenti dei miei maestri e ad un lavoro di ricerca delle fonti più accreditate che si sono pronunciate sull’argomento, di rielaborare quella che è la corretta esegesi della norma, confrontando e fondendo i relativi risultati con le pronunce del nostro Giudice delle Leggi; è stata infatti proprio la Corte Costituzionale a chiarire l’esatta portata dell’ “obbligatorietà” formulando l’altrettanto indispensabile principio di “non superfluità del processo”.Mi sono concentrata sul concetto di “completezza” delle indagini, sulle modalità d’azione del magistrato inquirente, sui suoi doveri e sui suoi oneri ai fini del corretto esercizio dell’azione penale, anche alla luce delle novità introdotte dalla Legge Carotti nel 1999. Ho ripercorso le tappe dell’intera strada che il Pm è tenuto a compiere partendo dalle prime battute del procedimento fino a quando gli si presenta da risolvere l’alternativa azione-inazione, soffermandomi in particolare sul dovere di “obiettività” e sull’onere di risultato che la legge gli impone.
Nel terzo capitolo ho voluto passare in rassegna i principali attori del palcoscenico investigativo, ovvero i soggetti attivi della fase antecedente al processo approfondendo il ruolo della “pubblica accusa” nel rinnovato modello processuale, ripercorrendo le tappe che hanno scandito l’evolversi di questa importante figura e non tralasciando né il ruolo della polizia giudiziaria, valido supporto investigativo al servizio del magistrato inquirente, né l’importanza assunta dal difensore che, grazie alla possibilità riconosciutagli di compiere, per suo conto, investigazioni difensive, contribuisce non poco ad arricchire e completare la ricerca del Pm.
Infine ho ritenuto doveroso analizzare le forme di controllo previste dal legislatore per monitorare e vigilare sulla “correttezza delle determinazioni del Pm in ordine all’esercizio dell’azione penale”. Ho strutturato l’ultima parte dell’elaborato distinguendo le forme di controllo preventivo, cioè quelle che vengono attuate prima che l’azione penale venga esercitata, da quelle successive, ovvero quelle predisposte nell’ambito dell’udienza preliminare, quindi a “processo iniziato”.
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Informazioni tesi
Autore: | Maria Del Prete |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Paolo De Lalla |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 239 |
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