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L'unificazione nella letteratura storico economia del primo e del secondo cinquantenario

Centocinquant’anni sono ormai trascorsi dall’unificazione italiana. Con questa tesi si è cercato di ricostruire lo sviluppo dell’economia italiana nel primo secolo di unità osservando su quali basi demografiche poggiò, gli effetti che ebbe in campo agricolo, industriale, commerciale, finanziario, occupazionale ed evidenziando le difficoltà incontrate in questo cammino mediante l’analisi delle opere pubblicate in occasione del primo e del secondo cinquantenario dell’Unità d’Italia.

Al risorgimento politico non corrispose un risorgimento economico. I dati statistici sono concordi nel documentare, per il primo ventennio dalla proclamazione del Regno, cioè tra il 1861 ed il 1880, una situazione economica stagnante, nel corso della quale tuttavia si prepararono i fattori che avrebbero determinato gli ulteriori sviluppi.
Al momento dell’unificazione la realtà si dimostrò purtroppo ben diversa da quella fino ad allora prospettata da studiosi e letterati.
L’Italia non possedeva risorse naturali quali vaste aree fertili e giacimenti minerari.
L’economia si fondava su un’attività agricola esercitata in maniera poco proficua che produceva solo quanto occorrente agli immediati consumi di un ristretto raggio territoriale; le difficoltà delle comunicazioni contribuivano poi a circoscrivere al mercato locale anche la maggior parte delle attività industriali, esercitate prevalentemente da piccole aziende.
La prima necessità che si presentò e che venne affrontata fu quindi la sistemazione di un sistema ferroviario, viario e portuale in grado di servire i bisogni del Paese.
Lo sviluppo delle attività industriali, noto come “rivoluzione industriale”, si manifestò in Italia con notevole ritardo rispetto agli altri Paesi europei e se ne possono fissare gli inizi nel corso dell’ultimo ventennio del XIX secolo, che fu caratterizzato da numerosi fattori di progresso quali: un aumento dei flusso di capitali stranieri verso l’Italia; un aumento delle dimensioni delle imprese; l’aumento delle produzioni metalmeccaniche, attuatosi anche grazie agli sviluppi delle rete ferroviaria, delle costruzioni navali, della industria chimica e dell’energia idroelettrica.
I primi anni del ventesimo secolo sono quelli in cui si registrò un progresso generale di tutte le attività: aumentò il valore delle produzioni agricole grazie all’aumentato uso dei concimi chimici; nell’industria aumentarono le dimensioni delle imprese; aumentò l’importazione di materie prime e conseguentemente il deficit della bilancia commerciale, compensato però dalle rimesse degli emigranti che si erano stabiliti e avevano trovato occupazione oltre oceano.

Nel periodo tra il 1876 ed il 1885 l’emigrazione aveva coinvolto dalle centomila alle centocinquantamila persone l’anno, prevalentemente destinate ai Paesi europei: migrazione in prevalenza permanente, pur considerando la non grande distanza dai Paesi di destinazione, data la lentezza e le difficoltà delle comunicazioni. Dal 1886 al 1895 si registrò un notevole sbalzo, con una media annua di 230 mila emigranti, più della metà verso i Paesi transoceanici. Negli anni successivi ebbe inizio il grande esodo: nei cinque anni dal 1896 al 1900 gli italiani emigrati furono in media 310 mila l’anno, dal 1901 al 1905 circa 550 mila e dal 1906 al 1910 raggiunsero i 651 mila. Il massimo valore si raggiunse nel 1913, cioè a ridosso della prima guerra mondiale, con 870 mila emigranti.

I trent’anni che vanno dallo scoppio della prima guerra mondiale fino al termine della seconda furono caratterizzati da molti fattori di disordine, che alterarono l’andamento che lo sviluppo aveva avuto nei primi dieci anni del secolo. La crisi mondiale della fine degli anni venti colpì tutte le industrie.
Il governo fascista cercò nelle imprese coloniali il mezzo per risollevare il Paese: le successive sanzioni, unitamente alle esigenze di guerra, determinarono una ripresa delle attività produttiva sotto il segno dell’autarchia a costi non controllati.
Il decennio seguente la fine della seconda guerra mondiale fu caratterizzato dalle preoccupazioni per la ricostruzione del Paese e da un periodo di elevata disoccupazione.
Fortunatamente la ricostruzione venne attuata in modo davvero celere, ciò grazie all’aiuto offerto dall’America ai Paesi europei. L’aumentata domanda di merci di ogni genere dopo le privazioni del periodo bellico; la graduale ripresa dei rapporti commerciali con l’estero; la scoperta nel Paese e l’utilizzo di nuove fonti di energia nel campo degli idrocarburi che permisero all’Italia di ridurre le gravose importazioni di combustibili fossili dall’estero; furono i principali fattori del miracolo economico che emancipò l’Italia dal “complesso” di Paese povero.

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Capitolo I La demografia italiana e le migrazioni nel centenario 5 I. LA DEMOGRAFIA ITALIANA E LE MIGRAZIONI NEL CENTENARIO Nei cento anni trascorsi dall‟unificazione la popolazione italiana è quantitativamente aumentata passando dai circa 26 milioni di individui del 1861 ai 50 milioni del 1961. Tuttavia il ritmo di crescita non è stato costante ed ha subito riprese e rallentamenti legati, naturalmente, alle falcidie delle due guerre mondiali e a due fenomeni in particolare: la prolificità in rapporto alla produzione agricola e le migrazioni dirette verso i Paesi europei o d‟oltre Oceano. I. I. La prolificità in rapporto alla produzione agricola in Italia dal 1861 al 1960 Uno studio di Livio Livi esaminò il grado di collegamento esistente tra gli scostamenti della produzione agricola e quelli della prolificità femminile, confrontando i dati della produzione di un certo anno con quelli della prolificità dell‟anno successivo.

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