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L'imputabilità del tossicodipendente

Introduzione:
L’imputabilità è una qualificazione giuridica soggettiva attribuita, in presenza della capacità di intendere e di volere, all’autore di un reato, e comporta la sottoponibilità del soggetto alla pena prevista per il reato commesso. Tra le cause che possono incidere sull’imputabilità, escludendola o riducendola, la codificazione penale prende in considerazione le particolari condizioni psicotossiche conseguenti all’uso o, abuso, di sostanze stupefacenti. Il trattamento giuridico riservato ai soggetti assuntori di stupefacenti è stato ispirato, nella legislazione codicistica del 1930, a criteri di notevole severità, dettati dalla necessità di combattere un fenomeno sociale, quale l'alcolismo, che a quei tempi stava assumendo una dimensione dilagante, aggravata anche dall'aumento dei delitti commessi in stato d’ubriachezza. Meno conosciuto era il fenomeno della tossicodipendenza, a causa della scarsa diffusione delle sostanze stupefacenti e del loro uso. Il consumo di droghe è, infatti, iniziato intorno agli anni '50, trovando la sua massima espansione negli anni '60. Oggi ha assunto, in modo diffuso, proporzioni gigantesche.
Ho articolato il presente lavoro in tre capitoli. Innanzi tutto ho esaminato la nozione e i fondamenti giuridici dell’imputabilità, il suo rapporto con la colpevolezza, e le cause che la escludono o diminuiscono, in specifico, l’intossicazione da sostanze stupefacenti.
Successivamente, ho rivolto la mia attenzione, alla legislazione penale che si è succeduta negli anni in materia di tossicodipendenza, sino alla legge del 1990 n°309 e il referendum abrogativo del 1993, alla nozione e classificazione di sostanza stupefacente, e agli effetti che produce sull’organismo umano, approfondendo in particolare i concetti di dipendenza, assuefazione, e crisi di astinenza. A proposito di quest’ultima, è interessante affrontare il problema dell’imputabilità del soggetto che commette reato in stato di astinenza, e verificare l’incidenza di questa sulla capacità di intendere e di volere, alla luce delle diverse posizioni dottrinali e giurisprudenziali. Nel passare in rassegna le tipologie di sostanze stupefacenti più diffuse, ho ritenuto utile analizzarne proprietà farmacologiche ed effetti psichici e fisici indotti. La conoscenza delle caratteristiche farmacologiche di ciascuna sostanza si pone, infatti, come momento importante non solo in relazione alla possibile compromissione delle attività intellettive e volitive del soggetto, ma anche in rapporto al potenziale criminogeno che il tipo di sostanza assunta può rivestire. È noto che esistono sostanze, in particolare alcool e psicostimolanti, che per la loro idoneità a slatentizzare le pulsioni hanno un’elevata capacità criminogena, rispetto a sostanze, quale ad esempio l'eroina, che invece esercitano un'azione di tipo sedativo sul sistema nervoso centrale, e quindi hanno una scarsa capacità criminogena.
Una questione molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza, è quella relativa alla distinzione tra l’intossicazione cronica da stupefacenti e l’intossicazione abituale, che, sebbene in linea teorica appare agevole, nella pratica risulta difficoltosa per i non pochi punti di contatto che vi sono tra le due forme d’intossicazione. A proposito, un’importanza fondamentale ha avuto la sentenza della Corte Costituzionale del 1998 n°114, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità degli articoli 94 e 95 c.p., sollevata in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, relativamente al fatto che la giurisprudenza, in contrasto con la scienza medico – legale, ha costantemente individuato nell’irreversibilità il carattere distintivo dello stato di intossicazione cronica rispetto alla condizione di assuntore abituale di stupefacenti. Infine, è necessario porre attenzione alle misure di sicurezza previste dal codice penale e dalla legislazione speciale, nella prospettiva fondamentale di sottrarre il tossicodipendente dal circuito vizioso e criminogeno, costituito dalla commissione di reati per alimentare il proprio stato di tossicodipendenza, e con la finalità di incentivare l’adesione a programmi terapeutici di disassuefazione dall’uso di droghe. È stato ormai appurato, infatti, come esista una relazione inequivocabile tra l’uso di sostanze stupefacenti e l’attuarsi di comportamenti delittuosi, una cognizione, questa, non solo proveniente da ambienti scientifici, ma ormai radicata nel sentire comune.

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1 Introduzione L’imputabilità è una qualificazione giuridica soggettiva attribuita, in presenza della capacità di intendere e di volere, all’autore di un reato, e comporta la sottoponibilità del soggetto alla pena prevista per il reato commesso. Tra le cause che possono incidere sull’imputabilità, escludendola o riducendola, la codificazione penale prende in considerazione le particolari condizioni psicotossiche conseguenti all’uso o, abuso, di sostanze stupefacenti. Tale argomento, che costituisce un aspetto particolare dei fenomeni di “dipendenza da sostanze psicoattive”, ha suscitato in modo particolare la mia attenzione. Il trattamento giuridico riservato ai soggetti assuntori di stupefacenti è stato ispirato, nella legislazione codicistica del 1930, a criteri di notevole severità, dettati dalla necessità di combattere un fenomeno sociale, quale l'alcolismo, che a quei tempi stava assumendo una dimensione dilagante, aggravata anche dall'aumento dei delitti commessi in stato d’ubriachezza. Meno conosciuto era il fenomeno della tossicodipendenza, a causa della scarsa diffusione delle sostanze stupefacenti e del loro uso. Il consumo di droghe è, infatti, iniziato intorno agli anni '50, trovando la sua massima espansione negli anni '60. Oggi ha assunto, in modo diffuso, proporzioni gigantesche. Ho articolato il presente lavoro in tre capitoli. Innanzi tutto ho esaminato la nozione e i fondamenti giuridici dell’imputabilità, il suo rapporto con la colpevolezza, e le cause che la escludono o diminuiscono, in specifico, l’intossicazione da sostanze stupefacenti.

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