Il trattamento penitenziario dei collaboratori di giustizia
Tra i diversi strumenti che lo Stato ha utilizzato per contrastare l’attività delle organizzazioni criminali, in particolare di quelle di stampo mafioso, un posto particolarmente importante è ricoperto dall’utilizzo dei “pentiti”, o meglio, dall’acquisizione di quel bagaglio di conoscenze che è proprio del collaborante in quanto affiliato a quelle consorterie criminose basate sulla segretezza e sul vincolo dell’omertà.
Il fenomeno dei collaboratori di giustizia che si affronterà in questo lavoro, insieme al trattamento penitenziario loro riservato dallo Stato, è sempre stato ricco di implicazioni di carattere etico, religioso, morale, giuridico, politico e sociale e molto spesso, anche per questi motivi, nella sua evoluzione legislativa, è stato accompagnato da polemiche e critiche.
Non si può negare infatti la complessità e la varietà delle questioni, che dal tempo anche meno recente, sono ad esso connesse.
Non si tratta qui di affrontare il problema della coerenza e dell’eticità delle disposizioni normative che concedono ai pentiti un trattamento penitenziario di favore in cambio di una proficua e utile collaborazione, quanto di vedere nel concreto la risposta dello Stato al fine di incentivare la fuoriuscita dei rappresentanti criminali dalle organizzazioni di loro appartenenza. E’ indubbio, infatti, l’apporto che questo fenomeno ha avuto nella lotta al crimine organizzato.
Organizzazione come le BR e Cosa Nostra, si caratterizzano per una cortina di segreto che le avvolge. E ogni segreto si può conoscere solo se c’è il modo di ascoltarlo tramite intercettazioni o con le dichiarazioni di un pentito.
La rottura della compattezza interna della mafia determinata dal pentitismo rappresenta dunque la condizione oltre che per combattere anche per conoscere il fenomeno mafioso.
Se si vuole effettivamente contrastare il potere criminale della societas sceleris, anziché accontentarsi della semplice condanna di alcuni esponenti mafiosi, lo Stato deve quasi per necessità “scendere a patti” con gli adepti catturati.
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Informazioni tesi
Autore: | Felice Palamara |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Mario Trapani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 145 |
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