Il reato di diffamazione e i nuovi mezzi di comunicazione: profili legislativi ed evoluzione giurisprudenziale
Tale lavoro di ricerca ha come obiettivo innanzitutto quello di tracciare il quadro, quanto più possibile completo, della disciplina legislativa attinente il reato di diffamazione in Italia. Analizzata la disciplina vigente, la sua nascita, lo sviluppo della giurisprudenza ad essa collegata, si cercherà poi di verificare la adattabilità o la compatibilità di tale insieme normativo alla struttura della rete Internet, alle modalità di comunicazione e diffusione del pensiero praticabili online e ai tipi di condotta integrabili in rete.
Partendo dall’analisi dei passaggi giurisprudenziali fondamentali in materia, comprese le più recenti pronunce di legittimità e di merito, si cercherà di descrivere come i Tribunali italiani hanno operato questo adattamento e le modalità con le quali hanno integrato le lacune presenti nella disciplina normativa posta a protezione della reputazione degli individui. Il capitolo iniziale traccia un profilo generale del reato di diffamazione nella sua configurazione codicistica. Perciò alla descrizione degli elementi fondamentali del reato, quali il bene giuridico tutelato, l’elemento oggettivo e la condotta tipica, segue l’illustrazione delle molteplici circostanze aggravanti contenute nello stesso articolo 595 c.p.. In tema di diffamazione, un ruolo storicamente centrale, è stato ed è ancora oggi rivestito dalla stampa e da tutti quei mezzi di pubblicità ad alto potenziale diffusivo, come la televisione: la diffusione di messaggi lesivi della reputazione di un soggetto viene punita più severamente se perpetrata attraverso i mezzi di comunicazione suddetti. Nessun argomento più della diffamazione, necessita di un raccordo tra disciplina penalistica e diritti costituzionali: il diritto di libera manifestazione del pensiero, enunciato dall’art.21 Cost, rappresenta il centro nevralgico dal quale traggono origine altre fondamentali libertà, come quella di cronaca, di critica, di satira ecc. Proprio perquesto motivo, l’esigenza di contemperare libera manifestazione del pensiero, diritto di cronaca, diritto di critica e tutela della reputazione dei soggetti, è molto spesso al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
A tal proposito si cerca di descrivere la portata e l’applicabilità delle cause di giustificazione più comuni, così come delineate da dottrina e giurisprudenza. Il complesso normativo - giurisprudenziale che disciplina il reato di diffamazione è andato sviluppandosi e consolidandosi nel corso degli anni con riferimento ad un tipo di società ben preciso: un mondo dominato dal duopolio stampa-televisione nella trasmissione e divulgazione delle informazioni e delle comunicazioni.
La configurazione del reato così delineata, modellata sulle peculiarità dei tradizionali mezzi di comunicazione, rischia oggi di non apparire più sufficiente per disciplinare le condotte attuabili attraverso le nuove modalità di interazione e comunicazione del pensiero. Il secondo capitolo pertanto illustra come dottrina e giurisprudenza abbiano tentato, a volte parallelamente, altre volte in disaccordo tra loro, di adattare la disciplina tradizionale ormai risalente nel tempo al nuovo fenomeno socio-comunicativo mondiale, cioè la rete internet. Si parte dalla fondamentale sentenza della Corte di Cassazione, n.474/2000, che affronta per la prima volta in maniera organica il tema della diffamazione online, riconducendo tale condotta nell’ambito della diffamazione aggravata dall’utilizzo di “qualsiasi mezzo di pubblicità” (co.3 art.595 c.p.). Si prosegue poi illustrando la struttura della rete, allo scopo di individuare i soggetti che a vario titolo sono protagonisti del suo funzionamento. A tale proposito viene in rilievo la figura del provider. Chi fornisce agli utenti il semplice accesso alla rete internet, o fornisce uno spazio virtuale per la creazione di siti internet oppure ancora è un semplice intermediario dei dati transitanti in rete tra mittenti e destinatari, può essere considerato responsabile di concorso nella condotta diffamatoria perpetrata attraverso i servizi da lui offerti?
Per rispondere a questa domanda si è dapprima analizzata accuratamente la disciplina contenuta nel D.Lgs. 70/2003, l’atto normativo con il quale è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva europea 2000/31 sul commercio elettronico, e in secondo luogo si è analizzata l’applicazione di tale normativa all’interno delle aule dei tribunali italiani: non esiste un preventivo e generale obbligo di controllo in capo al provider circa i contenuti che transitano in rete attraverso le strutture da lui messe a disposizione, non è pertanto configurabile un concorso per omesso controllo, questa è la regola generale. Non mancano tuttavia casi giudiziali che hanno fatto discutere e che hanno preso, seppur leggermente, le distanze da questa impostazione: su tutti la sentenza del Tribunale di Milano datata 24 Febbraio 2010, il c.d caso Google. Da ultimo ci si è chiesti se sussista una estensibilità generale dei reati a mezzo stampa alle condotte online: il quesito ha trovato risposta negativa. La diffamazione online è diffamazione aggravata rientrante negli “altri mezzi di pubblicità”, e ciò libera il campo dalla possibile equiparazione della stessa a quella arrecata con il mezzo della stampa; la definizione di stampa di cui all’art. 1 l.47/1948 inoltre, non lascia spazio a dubbi: i siti web non possono rientrare nella definizione di stampa. La legge 62/2001 ha ridefinito il concetto di prodotto editoriale, ricomprendendo in questa categoria anche quelli realizzati su supporti informatici, ed estendendo a questi ultimi alcune norme della disciplina sulla stampa: nonostante questo rimane esclusa la possibilità di estendere al prodotto editoriale anche la disciplina penale prevista per la stampa. Internet tuttavia non è solo una rete di siti web o un insieme di prodotti editoriali online: è un mondo comunicativo potenzialmente infinito, un insieme di strumenti virtuali in grande espansione, basti pensare al fenomeno del c.d blogging, ai forum di discussione online, e recentemente al sistema dei social network. E’ proprio sulle reti sociali online, sul loro sviluppo, sulle funzionalità e sulla potenzialità lesiva delle condotte in esse integrabili, che si concentra l’analisi nel terzo ed ultimo capitolo.
Uno sguardo particolare è dedicato al social network più diffuso: Facebook. Uno straordinario strumento comunicativo, un’entità sempre più stabilmente integrata nella quotidianità, ma anche una piattaforma idonea a dar vita a numerose condotte illecite. Alla descrizione delle principali fattispecie di reato integrabili via Facebook, segue l’esame delle condotte diffamatorie, facilmente e sempre più numerosamente configurabili, a causa delle varie possibilità di interazione fornite dal social network: em-blematico a tal proposito è il caso descritto, e cioè quello deciso dalla sentenza n.770 del Tribunale di Monza risalente al Marzo 2010, la prima in Italia a condannare un soggetto al risarcimento del danno per diffamazione via Facebook.
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Informazioni tesi
Autore: | Angelo Iezza |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Vincenzo Muscatiello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 191 |
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