Il principio di minima offensivita' nel processo penale minorile
La costruzione sociale dell’infanzia e dell’adolescenza, intesa come concezione ampiamente diffusa del ragazzo come portatore di bisogni ed esigenze che richiedono una considerazione specifica e separata, è alla base del processo di differenziazione del sistema penale minorile: l’adolescenza è considerata come una fascia sociale diversa dall’età adulta, e come tale deve essere differentemente trattata anche sotto il profilo giuridico, considerando che la legislazione deve essere orientata verso la concezione tradizionale dell’adolescente, quale soggetto che necessita di particolare protezione, nell’ipotesi in cui il comportamento del ragazzo si traduce in un fatto penalmente illecito.
La tutela dei diritti dei minorenni forma oggetto di una serie di atti e convenzioni di diritto internazionale e riveste un’importanza crescente nell’ordinamento giuridico comunitario.
I testi internazionali impiegano il concetto di “diversion”, sancendo l’obbligo per gli Stati di prevedere strumenti utili ad evitare al minorenne il processo giudiziale, attuando una differenziazione rispetto alla disciplina ordinaria, promuovendo l’adozione di leggi e procedure, la costituzione di autorità ed istituzioni destinate specificamente ai fanciulli autori di un reato, con l’obiettivo di attuare politiche globali volte alla prevenzione del disadattamento e della delinquenza giovanile, all’uscita dal circuito giudiziario, allo sviluppo di procedure di degiurisdizionalizzazione ed alla creazione di un sistema di giustizia minorile adeguato alle esigenze dei minorenni coinvolti in un processo penale.
La concretizzazione del principio rieducativo va di pari passo con il riconoscimento dell’individualizzazione del trattamento dato che per il recupero di un minorenne è necessario che il giudice sia in grado di adottare decisioni che tengano in considerazione la specifica situazione nella quale egli versava al momento del compimento del fatto.
Il sistema della giustizia minorile è dotato di un alto livello di complessità perché si compone e si costituisce attraverso l’ interazione fra organismi giudiziari e sociali, per assicurare il dialogo e la collaborazione tra il Giudice, i servizi sociali della giustizia amministrativa ed i servizi sociali degli Enti locali.
Il nostro sistema sanzionatorio si basa sul cd “doppio binario” perché oltre alle pene, prevede le misure di sicurezza, che hanno una funzione preventiva e detta una disciplina particolareggiata delle misure pre-cautelari e cautelari, rinviando, per quanto non previsto, alle disposizioni del cpp.
Il diritto penale minorile, poi, prevede degli strumenti idonei per l’adeguamento della disciplina ordinaria alle condizioni ed alle esigenze dei minorenni.
Espressione del principio di minima offensività sono gli istituti che prevedono particolari formule di chiusura, tipiche del processo penale minorile:
• la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, (art. 27 D. P. R. 448/1988);
• il perdono giudiziale, (art. 169 c.p.);
• la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova, (art. 29 D. P. R. 448/1988).
Con queste formule terminative la concezione del minimo intervento penale attua il sacrificio del principio retributivo, per privilegiare l’esigenza della protezione della personalità del minorenne, in quanto lo Stato rinuncia alla realizzazione della pretesa punitiva per rendere concreto il processo rieducativo e risocializzante del ragazzo, indipendentemente dalla responsabilità dell’imputato.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Annamaria Pagliuca |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Marilena Colamussi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 147 |
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