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Il diritto alle privacy e le deroghe speciali a favore degli operatori dell'informazione

Libertà di manifestazione del pensiero e diritto alla riservatezza.
Ovvero: diritto all’informazione e diritto alla protezione dei dati personali.
Ancora: giornalismo e privacy.
È proprio questo l’oggetto di questa della presente tesi: un’ampia riflessione sulle modalità di esercizio del diritto alla manifestazione del proprio pensiero e su uno dei limiti più stringenti che questo diritto incontra: il diritto alla riservatezza.
Più precisamente, è il bilanciamento di questi due diritti, parimenti riconosciuti in Costituzione, che ci interessa analizzare e comprendere, affinché il bravo giornalista (ma anche il meno bravo) possa agire in maniera corretta e legittima.
Anche alla luce dei recenti fatti di cronaca politica, è interessante e importante capire quale è il rapporto che dovrebbe intercorrere tra diritto all’informazione e diritto alla riservatezza.
Il diritto all’informazione dovrebbe essere assoluto a tutti i costi? O viceversa questo diritto dovrebbe essere strettamente limitato dal diritto alla privacy?
Probabilmente, come in tutte le cose, la soluzione sta (o dovrebbe stare) nel mezzo.
Immaginiamo allora due insiemi: uno che rappresenta l’articolo 21 della Costituzione (la libertà di manifestazione di pensiero), e l’altro il diritto alla riservatezza.
Questa monografia si occupa di entrambi gli insiemi e ne esamina in particolarmente l’intersezione.
Nella prima parte introdurremo “l’insieme” del diritto alla riservatezza e analizzeremo il nuovo testo unico della privacy: il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Nella seconda parte analizzeremo l’articolo 21, introdurremo il diritto di cronaca e cominceremo ad entrare nel merito della questione che è oggetto dell’elaborato: parleremo della professione del giornalista, dell’etica e dei codici di deontologia, e analizzeremo la “giurisprudenza” dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali.

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3 Capitolo 1 Sommario: 1. L’evoluzione del diritto alla riservatezza; 2. Il percorso fino al codice della privacy; 3. Il trattamento dei dati personali; 4. Il consenso al trattamento e la disciplina generale; 5. Il codice e il giornalismo: il titolo XII. 1. L’evoluzione del diritto alla riservatezza L’evoluzione del diritto alla riservatezza ha consentito di arrivare all’affermazione del diritto al “controllo sui propri dati personali 1 ”, comunemente detto “diritto alla privacy”. Fu la dottrina americana a “scoprire” il diritto alla privacy quale diritto «ad esser lasciati soli»: diritto della personalità ampiamente inteso come diritto di ciascuno a non subire ingerenze nei propri fatti personali, nella propria immagine e nei propri pensieri 2 . Benché nell’ordinamento italiano non si registri un’espressa previsione costituzionale che garantisca la sussistenza del diritto alla riservatezza, a differenza di quanto previsto da fonti sovranazionali, la giurisprudenza, nel corso degli anni, ha colmato questa lacuna 3 . L’evoluzione di questo concetto, ha portato a identificare la riservatezza nella protezione dei dati personali: infatti il diritto alla riservatezza, inteso come diritto alla non divulgazione dei fatti personali, è ormai confluito nel diritto alla protezione dei dati personali. Ma accanto a questa nuova definizione di riservatezza, può ancora distinguersi la riservatezza quale «interesse del soggetto a mantenere la sfera della propria vita privata e intima al riparo da indiscrezioni altrui» 4 . Infatti, questa sottile ma ragguardevole differenza, trova 1 Ai sensi dell’articolo 4, comma primo, lett. b) del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196, per dato personale si intende: « qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente […]». 2 La “scoperta” si deve a S. Warren e L.D. Brandeis, autori del saggio The right to privacy, pubblicato nella Harvard L.R., 1980, pag.193, dove fu testualmente affermato il diritto della persona « to be let alone ». Gli Stati Uniti furono i primi a introdurre e diffondere tecniche elettroniche di raccolta, elaborazione, memorizzazione e trasmissione di dati, e dunque a doversi confrontare con le nuove problematiche derivanti dal trattamento elettronico di dati. 3 V. in proposito, Cass. civ., sez. I, 27 maggio 1975, n. 2129, in banche dati de jure, la quale pone le basi dell’indagine sul fondamento normativo del diritto alla riservatezza. V. anche, Cass. civ, sez. III, 8 giugno 1998, n. 5658, in Giust. civ., 1998, pag. 1248, che ha dato un ulteriore contributo all’inquadramento del diritto alla riservatezza tra i diritti della personalità umana, e l’ha nettamente differenziato dal diritto alla reputazione. 4 R. Zaccaria, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Padova, sesta edizione, 2007, pag. 34

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