I patrimoni destinati e le procedure concorsuali
La realtà economica degli ultimi anni e l’emergere di nuove esigenze nei traffici commerciali hanno profondamente influenzato lo scenario del diritto commerciale, imponendo, talvolta, dei radicali – e problematici - mutamenti di prospettiva nell’approccio allo studio da parte dell’operatore del diritto.
In tale quadro, l’istituto dei patrimoni destinati può essere considerato una delle figure maggiormente rappresentative della difficoltà di adeguare i tradizionali impianti della scienza commercialistica all’evoluzione economica e ai suoi riflessi sul piano del diritto. Pur non risultando totalmente originali nel confronto con altri ordinamenti giuridici e con fattispecie dello stesso diritto italiano, atteso che la separazione patrimoniale è concetto da tempo noto alla riflessione dottrinale, i patrimoni destinati presentano dei caratteri peculiari che consentono di differenziarli dalla comune matrice della segregazione patrimoniale e di considerarli, senza dubbio, una delle principali innovazioni introdotte dalla riforma del diritto societario.
Ciò risulta ancor più evidente laddove si consideri che l’introduzione di questi nuovi istituti ha comportato una vera e propria “rivoluzione copernicana” nella dogmatica commercialistica, in quanto la giustificazione teorica della possibilità di separare una cellula patrimoniale in seno ad un nucleo al fine di destinarla ad una specifica operazione economica ha richiesto il superamento del binomio “un soggetto, un patrimonio” ereditato dalla scienza giuridica francese e della conseguente necessità di ricorrere alla fictio iuris della personalità giuridica per realizzare la separazione patrimoniale.
Considerati dalla stessa relazione governativa alla riforma “equivalente operativo” della costituzione di una società, i patrimoni destinati hanno consentito la separazione patrimoniale all’interno dello stesso soggetto, creando così un sistema nuovo nell’ambito delle tradizionali regole di universalità della responsabilità patrimoniale, di cui all’art. 2740 c.c..
Pur mancando di una propria personalità giuridica, i patrimoni dedicati individuano una realtà, quella dell’affare, la cui gestione manifesta appieno i caratteri di una spiccata autonomia. Autonomia che si riscontra nella gestione separata da parte degli organi sociali e nella distinta contabilità, nel carattere particolare dell’affare rispetto all’attività della società, nel regime della responsabilità patrimoniale e nel trattamento dei creditori.
Da queste considerazioni discende il dubbio circa la possibilità di configurare un’autonoma procedura concorsuale a carico dei patrimoni destinati. Dubbio, peraltro, suggerito dalla stessa delega per la riforma del diritto societario, che imponeva al legislatore delegato di disciplinare i patrimoni destinati e il relativo regime di insolvenza.
Il presente lavoro si propone di analizzare il difficile coordinamento tra disciplina dei patrimoni destinati e procedure concorsuali.
Inquadrata la figura dei patrimoni destinati, così come delineata dagli artt. 2447-bis e seguenti del codice civile, si affronteranno le problematiche che hanno diviso la dottrina circa l’ammissibilità di una regolamentazione concorsuale autonoma delle figure del nuovo diritto societario e si analizzeranno i punti della legge fallimentare che creano maggiori problemi di compatibilità con esse.
L’analisi sarà condotta tenendo presente anche le conseguenze che una procedura concorsuale a carico della società con patrimoni destinati possa produrre su di essi, allo scopo di verificare l’operatività della separazione patrimoniale.
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Informazioni tesi
Autore: | Emanuella Prascina |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Giuseppe Alessi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 165 |
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