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Emergenza pandemica e disciplina della libertà religiosa nel sistema delle fonti costituzionali

Il presente elaborato si propone come obiettivo quello di esaminare il tema della libertà religiosa, ponendo l'accento in modo particolare sulle restrizioni che tale libertà costituzionale ha subìto durante il periodo dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Durante il periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19, le istituzioni pubbliche italiane hanno adottato una serie di misure, volte al contenimento del contagio, attraverso le quali, in nome del diritto alla salute, è stata fortemente compressa la libertà religiosa degli individui. Operando un bilanciamento dei vari interessi in gioco, infatti, in una situazione di particolare gravità come quella della pandemia in corso, è stato ritenuto opportuno accordare prevalenza al primo dei due valori costituzionali, sancito dall'art. 32 Cost., a discapito della libertà di culto. Naturalmente questa tendenza non è stata riscontrata solo in Italia ma anche in moltissimi altri Paesi.
Una delle principali criticità che è stata riscontrata nel modus operandi adottato dalle nostre istituzioni per fronteggiare la pandemia da Covid-19 è data dal fatto che tali limitazioni alla libertà religiosa (così come ad altri diritti, libertà e interessi costituzionalmente garantiti) sono state realizzate mediante uno strumento che, sul piano giuridico, non è altro che un atto sostanzialmente amministrativo, ossia il DPCM, con un'insolita concentrazione di poteri nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri.
Nella prima fase dell'emergenza epidemiologica (il cosiddetto "primo lockdown"), inoltre, tali decreti sono stati adottati dal Governo unilateralmente, senza alcun coinvolgimento democratico né partecipazione delle minoranze o, in generale, delle parti sociali di volta in volta interessate (tra cui anche le confessioni religiose). Le restrizioni alla libertà religiosa introdotte durante l'emergenza da Covid-19 hanno sollevato perplessità anche per quanto riguarda la loro conformità o meno al principio di bilateralità pattizia. Infatti, intervenendo unilateralmente durante la prima fase dell'emergenza epidemiologica, il Governo avrebbe violato la riserva di legge rinforzata prevista dalla Costituzione per la disciplina dei rapporti con le confessioni religiose, secondo la quale le eventuali modifiche o deroghe ai relativi accordi devono seguire la stessa procedura prevista per la loro adozione, ossia una procedura partecipata e bilaterale che coinvolga l'organizzazione interessata.
Nella seconda fase, invece, l'operato dell'Esecutivo ha cercato di riallinearsi al principio di bilateralità pattizia, garantendo un maggiore coinvolgimento delle comunità di fede e provvedendo a regolamentare il contrasto al Covid-19 in modalità partecipata, attraverso accordi amministrativi e protocolli.

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5 INTRODUZIONE Il presente elaborato si propone come obiettivo quello di esaminare il tema della libertà religiosa, ponendo l’accento in modo particolare sulle restrizioni che tale libertà costituzionale ha subìto durante il periodo dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. L’evoluzione dei diritti di libertà religiosa, pur essendosi ampiamente sviluppata già nel corso dei secoli precedenti, ha raggiunto il suo apice con l’avvento del costituzionalismo moderno, ossia a partire dalla fine del Settecento. In Italia, una tappa fondamentale nella storia della disciplina della materia religiosa è rappresentata senz’altro dai Patti Lateranensi, celebre accordo stipulato tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica nel 1929 e revisionato dagli Accordi di Villa Madama del 1984, grazie al quale è stato possibile mettere fine alla cosiddetta “questione romana” e al progressivo incrinarsi dei rapporti tra le due istituzioni che aveva caratterizzato buona parte del secolo precedente, e con il quale è stata introdotta una specifica regolamentazione in merito alle facoltà e ai benefici di cui poteva godere una confessione religiosa. Al giorno d’oggi, nel nostro ordinamento, la libertà religiosa trova un espresso riconoscimento in alcune disposizioni della Costituzione repubblicana del 1948, in particolare nell’art. 19 Cost., secondo il quale: “Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. Alla luce di questa norma, dunque, è evidente il forte legame intercorrente

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