Il pubblico ministero nel processo civile
Il pubblico ministero nasce come un funzionario del potere esecutivo cui, tuttavia, si riconosce la qualifica di magistrato. In tale ambivalenza, ossia la dipendenza dall’esecutivo e l’appartenenza al corpo del potere giudiziario, è contenuta tutta la problematica relativa alla natura giuridica di tale istituto. La Costituzione italiana, volendo affermare l’indipendenza del pubblico ministero dal Ministro di Grazia e Giustizia, sancisce nell’articolo 112 la obbligatorietà dell’azione penale, ma poche sono le norme che delineano una configurazione costituzionale dei magistrati con funzioni requirenti. Si tratta dell’articolo 107, comma 4 Cost.: “il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”; dell’articolo 108, comma 2 Cost.: “la legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia”; e dell’articolo 112 Cost.: “il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. Gli attuali profili costituzionali del pubblico ministero lasciano, pertanto, ampio spazio alla legislazione di rango ordinario, poiché l’esigenza che fu avvertita come primaria in sede costituente era stata in qualche modo soddisfatta: il pubblico ministero non era più sottoposto alle dipendenze del governo. Il pubblico ministero svolge un ruolo fondamentale nell’ambito del processo penale, perché ha l’obbligo di esercitare l’azione penale (articolo 112 Cost.) ogniqualvolta abbia notizia di un reato. Esercitando tale azione il pubblico ministero avvia il processo penale di cui diviene una delle parti, la pubblica accusa, che a differenza delle parti private le quali agiscono nel proprio interesse, esercita l’azione penale e sta in giudizio nell’interesse pubblico. A differenza dell’importante ruolo che svolge nel processo penale, la presenza del pubblico ministero nel processo civile è marginale ed eventuale, rappresenta semplicemente un retaggio storico di quella concezione ormai superata che lo voleva “controllore dei giudici”. Vero è che da rappresentante del potere esecutivo presso l’autorità giudiziaria, il pubblico ministero è successivamente entrato a pieno titolo a far parte della magistratura con il sommo fine di tutelare il pubblico interesse, ma è anche vero che in realtà nel processo civile si controverte di posizioni giuridiche soggettive che formalmente non attengono ad una rilevanza che va oltre le parti direttamente coinvolte nel rapporto sostanziale. Dunque, essendo il pubblico ministero un organo preposto alla tutela dell’interesse pubblico, e non essendoci una rilevanza pubblicistica delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte nel processo civile, allora poco conta la presenza del pubblico ministero nel processo civile. Eccezionalmente, però, può accadere che anche il processo civile coinvolga diritti o interessi che fanno capo a terzi, cioè al di là delle regole sulla legittimazione ad agire e a contraddire, si può configurare una rilevanza pubblicistica della decisione.
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Informazioni tesi
Autore: | Rita Consoletti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Foggia |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze giuridiche |
Relatore: | Gianpaolo Impagnatiello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 33 |
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