Aspetti problematici della disciplina dello stalking
La legge n.38/2009, attuativa del decreto legge n.11/2009 intitolato «Misure urgenti in materia di pubblica sicurezza e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», ha introdotto nel nostro codice penale, precisamente al capo III del titolo XII, parte II, nella sezione dedicata ai delitti contro la libertà morale, l’art.612-bis, relativo ai c.d. “atti persecutori”. In tal modo è venuto in essere, anche nel nostro ordinamento, seppur con enorme ritardo rispetto ad altri paesi (specialmente appartenenti al sistema di common law) la tanto agognata tutela in tema di “stalking”.
L’art. 612-bis dispone che: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 L. 5 febbraio 1992 n.104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 L. 5 febbraio 1992 n.104 nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio. »
Nonostante la portata innovativa della norma, come affermato da autorevole dottrina , non mancano perplessità in ordine a vari punti che definire controversi potrebbe risultare riduttivo.
Occorre, preliminarmente, delineare in che consista lo “stalking”: quale siano le condotte persecutorie, integrative della fattispecie di reato, e quale sia il profilo psicologico dell’autore.
La parola “stalking” deriva dal verbo inglese “to stalk” che viene, a mio avviso impropriamente, tradotto come “pedinare”.
A mio avviso, la traduzione più condivisibile e che meglio esprime il senso del “to stalk” è “perseguitare” .
In realtà il termine è stato per la prima volta utilizzato, riferendolo a un uomo nel XIX secolo per definire l’attività del predatore che, camminando furtivamente, segue la preda e con pazienza attende il momento idoneo per sferrarle l’attacco.
Al di là del paragone suggestivo è importante sottolineare la cennata definizione perché esprime compiutamente la condotta dello stalker.
“Il predatore” reiterando insistentemente condotte intrusive quali telefonate, appostamenti, pedinamenti, e-mail o comportamenti integranti di per sé reato (molestie, ingiurie, danneggiamento) si insinua nella vita privata della vittima, cagionandole gravi e perduranti stati psicologici di ansia e paura, che non le permettono di condurre una esistenza pacifica e tranquilla .
Il lavoro di ricerca si basa su tutti gli aspetti di criticità della nuova normativa, dalla mancanza di tipicità della sua lettera, ai problemi in ordine all'incapacità di intendere e di volere dello stalker affetto da patologia mentale, al delicatissimo tema delle riforme in materia processuale, in particolar modo l'ammissibilità delle intercettazioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Gabriele Castagna |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Manfredi Parodi Giusino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 119 |
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FAQ
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