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Kwame Nkrumah: "Africa Must Unite"

Considerare il Panafricanismo come una mera dottrina socio-politica, una delle tante che hanno attraversato la storia umana, pare riduttivo e ancora di più ingiusto, poiché se il nucleo vitale del movimento risiede certamente nell’approfondita analisi della scienza politica e nel riscatto sociale delle genti africane, esso è riuscito sin dalla sua formazione a stringere stretti legami con il mondo della letteratura e delle arti, abbracciando la musica, proponendosi in un’ampia varietà di contesti, più a suo agio tra le persone che relegato alle pagine dei libri: un vero e proprio modus vivendi.
Un’analisi semantica del termine “panafricanismo” permette di individuare due momenti: il primo “pan”, derivato dal greco, significa tutto, il secondo, di più ampio respiro, riguardante il continente,
tutto-Africa. Il blocco terrestre circondato da due oceani, unito all’Asia e affacciato sull’Europa, da considerarsi come unico, senza alcuna distinzione interna né frontiere, stella polare verso la quale guidare i propri ideali e sentimenti.
Come ogni movimento dall’impatto rivoluzionario, il Panafricanismo è nato da spinte differenti, ha conosciuto modificazioni e si è evoluto, addirittura involuto se considerato con riferimento a specifiche vicende e periodi, mantenendo comunque ferme specifiche peculiarità.

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7 1.2 Panafricanismo nel XX Secolo Nato a Trinidad il 15 Febbraio 1869, Henry Sylvester Williams riuscì nella difficoltosa impresa di traghettare il Panafricanismo nel XX secolo, senza che le fondamenta e il nucleo dell’idea venissero intaccati, riuscendo anzi a conferirle nuova linfa. Le prime battaglie di Williams sono rintracciabili già in età adolescenziale, quando giovane insegnante si trovò a rivestire varie cattedre nelle scuole dell’isola atlantica, un’opportunità che permise di maturare nuova coscienza nelle capacità della propria gente, invitando i colleghi a produrre sforzi sempre maggiori affinché il proprio paese potesse crescere culturalmente, uno spiraglio di libertà all’interno dell’Impero Britannico. L’empatia di Williams per la causa africana non tardò a sbocciare in un paese legato in maniera inscindibile con il Continente nero, un’isola che ospitava diretti discendenti della tratta atlantica, che a Trinidad importò manodopera da impiegare nelle vaste piantagioni di canna da zucchero e cacao, assistendo contemporaneamente a una censura culturale che sopprimeva le tradizioni africane, in particolare i balli di gruppo al ritmo di tamburi, considerati dall’amministrazione coloniale come luogo di incontro di sovversivi e fucina di ribelli lavoratori. Gli studi e l’assidua ricerca di miglior fortuna lo portarono prima a New York e poi ad Halifax, entrambe esperienze dall’esito negativo che sospinsero Williams fino al centro del potere coloniale che lo aveva visto crescere: la Gran Bretagna. Nel 1895 egli riuscì ad iscriversi presso il King’s College di Londra e durante il suo soggiorno entrò in contatto con studenti africani provenienti dalle colonie britanniche della Sierra Leone, Nigeria, Rhodesia e Costa d’Oro, acquisendo consapevolezza delle precarie condizioni delle popolazioni, informazioni che andarono a sommarsi al proprio vissuto, in particolare il clima di razzismo constatato nelle esperienze nordamericane. Furono queste le vicende che nel 1897 portarono Henry Sylvester Williams a formare la Pan- African Association, che alla sua nascita poteva vantare intenti già importanti: “secure Africans and their descendants throughout the world their true civil and political rights, to ameliorate the condition of our oppressed brethren in the continents of Africa, America, and other parts of the world, by promoting efforts to secure effective legislation, to encourage our people in educational, industrial, and commercial enterprises, to foster friendly relations between the Caucasian and African races, to organize a bureau, a depository, for collections of authorized writings and statistics relating to our people everywhere, and to raise a fund to be used solely for forwarding these purposes” 5 Gli ideali di Williams differivano in tal caso da quelli di Edward Blyden, poiché il primo non considerava il ritorno verso il continente da parte della diaspora negra quale obbiettivo principale del suo agire, bensì focalizzando i suoi sforzi sulla tutela dei diritti civili e politici di quelle stesse genti nei nuovi paesi ospitanti; l’azione di Williams poteva essere quindi inquadrata in un’ottica sedimentaria che si contrapponeva a quella in movimento auspicata da Blyden, per questo motivo imputabile non di debolezza ma di oculato realismo, una caratteristica che si rivelò vincente alla riunione della prima Conferenza Panafricana nel 1900, voluta dallo stesso Williams. La Conferenza si tenne a Londra dal 23 al 25 luglio e radunò leaders e attivisti in rappresentanza della diaspora negra, in particolar modo provenienti da varie parti della Gran Bretagna, dalle Indie Occidentali e dal Nord America, senza dimenticare coloro giunti dalla stessa Africa e supporters europei. I dibattiti produssero una notevole mole di riflessioni, riguardanti in primis le condizioni sociali, economiche e politiche dei negri della diaspora, rapportate prevalentemente alla cornice 5 James R. Hooker, Henry Sylvester Williams: imperial Pan-africanist, Rex Collings, London, 1975, p.23

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