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"Gaza Strip": la Striscia di Gaza dalla guerra dei Sei Giorni al ritiro israeliano

La Striscia di Gaza dalla guerra dei Sei Gironi (1967) al ritiro unilaterale di Israele (2005).

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1 Introduzione La mattina del 21 Febbraio 2005 il premier israeliano Ariel Sharon presentò in una conferenza stampa l’“Ordine perentorio di evacuazione” firmato ventiquattro ore prima dal ministro della difesa Shoul Mofaz. Il breve discorso che seguì ne riassunse i contenuti: “ci avviamo al passo più difficile, evacuare le nostre comunità dalla Striscia di Gaza (…) Non è a cuor leggero che il governo di Israele ha deciso il disimpegno, né con leggerezza il Parlamento l’ha approvato. Insieme a tanti altri avevo creduto e sperato che potessimo restare a Netzarim e Kfar Darom per sempre. Le trasformazioni intervenute nella realtà del Paese, nella regione, nel mondo, hanno però reso necessaria una revisione e modifica delle mie posizioni” 1 . La permanenza israeliana arrivava così ad una brusca e decisa conclusione. Ai ‘coloni’ non venne lasciata scelta: motivazioni politiche, strategiche ed economiche avevano determinato l’epilogo di una esperienza durata 38 anni. Unica alternativa: lasciare gli insediamenti in modo spontaneo e graduale, oppure attendere fino al 14 agosto, data fissata per lo sgombero forzato. La mattina del 19 l’esercito poteva annunciare che gli 8200 coloni avevano definitivamente abbandonato le loro case, l’operazione “Mano tesa ai fratelli” si era conclusa con successo. Ma quali furono le condizioni in cui maturò questa scelta? Quali le “trasformazioni intervenute”? Cosa turbò gli equilibri che per tanti anni avevano consentito ed incoraggiato lo stanziamento di intere comunità in quegli insediamenti? Quale fu il fine ultimo del ritiro, e in quale nuova prospettiva andava inquadrato? 1 Gigi Riva, I muri del pianto, Utet, Torino, 2005 pag 20.

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