Autismo, programma ABA: un'esperienza di formazione professionale

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già trattati, agli inizi del 1900, come forme di demenza precoce a eziologia organica. E. Bleuler, 
infatti, già nel 1911, aveva rilevato il termine “autistico”, in riferimento a malati mentali adulti, nei 
quali avveniva una perdita di contatto dalla realtà.  
Quasi contemporaneamente, ma indipendentemente da lui, anche Asperger nel 1944 utilizzò un 
termine simile, per descrivere altri bambini da lui osservati (affetti dalla “psicopatia autistica”), 
sorprendentemente simili anche nella sintomatologia a quelli descritti da Kanner ma, come ricorda 
Cottini: “Asperger definiva i pazienti "pensatori astratti", mentre secondo Kanner essi 
apprendevano meglio in maniera meccanica. Attualmente, la dizione di sindrome di Asperger è 
riservata a quei bambini autistici, in verità assai rari, i quali presentano delle capacità 
sostanzialmente nella norma ed un linguaggio ben sviluppato.”
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1.2.2 La teoria psicodinamica 
Nel 1967, lo psichiatra infantile austriaco Bruno Bettelheim concentrò la sua attenzione soprattutto 
sulla psicoanalisi applicata all‟età evolutiva. Come afferma Crispiani, “Bruno Bettelheim diffuse 
una considerazione di tipo psicodinamico dello stato autistico, riconosciuto come profonda 
alterazione degli stati dell‟io, principalmente in senso emotivo-affettivo, da ricondurre 
eziologicamente alla prima infanzia e alla relazione con la madre e la famiglia in generale.”
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Nella sua opera “La fortezza vuota” , Bettelheim descrisse cosi l‟autismo: “ La comunicazione ha 
inizio con la suzione. Le cose possono cominciare a mettersi male persino a questo stato precoce 
dell‟azione e dell‟interazione, che è alla base della personalità. Il neonato, a causa del dolore, 
oppure perché interpreta male i sentimenti o le azioni della madre, o al contrario perché valuta 
correttamente i sentimenti negativi di questa nei suoi confronti, può staccarsi da lei e ritrarsi dal 
mondo. […] Questo crea angoscia al bambino e  può aggiungersi anche il sentimento che il mondo 
(rappresentato dalla madre) è causa di angoscia. […] Se l‟ansia supera un certo livello, se 
sommerge l‟organismo e si genera il panico, il contatto con la realtà si interrompe. […] E allora in 
un modo cosi irrazionale, cosi imprevedibile, la cosa migliore , l‟unica protezione possibile consiste 
nel non fare nulla. Il bambino ha così un unico mezzo: non lasciarsi indurre ad agire. Egli deve 
rendersi insensibile e inaccessibile, insensibile anche a tutto ciò che proviene dal suo psichismo. 
Tale è l‟autismo, visto soggettivamente.”
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Il bambino, così, si rinchiude in se stesso, interrompendo la comunicazione, fino ad escludere il 
                                                      
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 L.Cottini, Che cos’è l’autismo infantile, cit., p. 8. 
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 P. Crispiani, Lavorare con l’autismo. Dalla diagnosi ai trattamenti, cit., p.30. 
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 B. Bettelheim, La fortezza vuota, Garzanti, 1967 Milano, pp.55-58.