Il contrasto all'elusione nell'ordinamento tributario italiano
L’elusione tributaria è un tema ampiamente dibattuto, nonostante sia stato e ad oggi sia ancora difficoltoso definire una normativa che possa contrastare completamente tale fenomeno. Oltre ad una diminuizione di gettito per l’Erario, l’elusione comporta numerosi problemi di tipo sociale, data la violazione del principio costituzionale di “capacità contributiva” contenuto nell’art. 53 della Costituzione. Il comportamento fiscalmente elusivo si misura nelle incrinature che inevitabilmente offre un ordinamento giuridico, attraverso l’occupazione delle “zone d’ombra” che separano le concettualmente meno sfuggenti aree dell’evasione e della lecita pianificazione fiscale. La fantasia del contribuente, allo scopo di ottenere un risparmio d’imposta, anche indebito, può spaziare in maniera da costringere il legislatore ad “inseguire”, nel vero e proprio senso del termine, i comportamenti elusivi, attraverso la continua produzione di norme, generali o ad hoc, che vadano a contrastare i diversi fenomeni ed il continuo riaggiornamento della nostra normativa antielusiva “generale”. Il presente lavoro è stato svolto con l’intento di fare luce su un fenomeno molto complesso, che provoca un notevole scompenso per le esigenze di gettito dello Stato e, di conseguenza, per la collettività intera. L’elusione è un fenomeno di difficile repressione e le difficoltà nel debellarla risiedono nella stessa natura del comportamento elusivo, che viene pensato, studiato ed applicato per non incorrere nella violazione delle norme, come invece accade nella fattispecie evasiva, ma nel loro aggiramento. L’aggiramento comporta il pieno rispetto delle norme per quanto riguarda la forma, la lettera ed una loro lesione, invece, riguardo all’aspetto della sostanza. La nostra clausola antielusiva, l’art. 37-bis D.P.R. n. 600/1973 elenca, al comma 3 tutte le fattispecie considerate potenzialmente elusive. La volontaria previsione di un principio antielusivo a fattispecie predeterminate come il nostro art. 37-bis e non di un principio antielusivo generale, sull’esempio della Generalklausel contenuta nel § 42 dell’Abgabenordnung tedesco ha spesso costituito un limite alla repressione dei fenomeni elusivi non codificati. Alcune pratiche elusive sono state perpetrate per anni, data la loro mancata inclusione tra le operazioni potenzialmente elusive ricomprese al comma 3, con un importante danno per le casse dello Stato. I tentativi di ricavare un principio antielusivo di portata generale, applicabile in caso di necessità, qualora dovessero sorgere nuove fattispecie non “coperte” dall’art. 37-bis, dimostrano che l’esigenza di contrastare tutte le fattispecie, anche quelle nuove o non ancora sorte non si è ancora placata. Basti pensare ad una recente sentenza della Commissione Regionale della Lombardia, risalente al 4 febbraio 2008, in cui i giudici hanno riconosciuto all’art. 37-bis il carattere di clausola antielusiva con valenza generale e la non esaustività, né tassatività delle operazioni elencate nel comma 3.
Anche questo intento è stato fonte di critiche. D’altro canto una norma antielusiva a valenza generale è stata volutamente evitata dal nostro legislatore, per il timore che un principio di tale portata potesse essere fonte di applicazioni distorte, o di abusi da parte degli organi del nostro sistema amministrativo finanziario, considerato non ancora maturo per una simile responsabilità. Il problema risiede perciò nel trovare un modo per conciliare la tipizzazione delle fattispecie elusive, - per cui ha optato il nostro legislatore -, con l’esigenza di contrastare i comportamenti elusivi messi in atto attraverso operazioni escluse dalle fattispecie predeterminate, senza dover necessariamente introdurre una Generalklausel anche nell’ordinamento italiano. Una possibile risposta al problema è stata fornita dalla giurisprudenza comunitaria. Uno spiraglio sembrerebbe infatti essersi aperto nel panorama comunitario, in seguito alle sentenze con le quali la Corte Europea si è pronunciata in materia di abuso del diritto. Con la sentenza Halifax, in particolare, la Corte Europea ha definito per la prima volta l’elusione, come espressione dell’abuso del diritto. Dalla causa C-255/02 Halifax è emersa la correlazione con l’orientamento della Corte di Cassazione italiana, secondo la quale, le operazioni attuate senza perseguire uno scopo economico, devono essere considerate un “abuso del diritto”. Le pronunce della Corte Europea hanno aperto la strada verso una possibile risposta al problema tutto italiano della mancanza di una clausola antielusiva di portata generale.
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Informazioni tesi
Autore: | Silvia Pagnoni |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Brescia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Consulenza aziendale e libera professione |
Relatore: | Giuseppe Corasaniti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 213 |
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