Working capital management: il caso di un'azienda chimica
Il lavoro di ricerca qui presentato ha come obiettivo principale lo studio e l’analisi del capitale circolante netto e commerciale.
In un primo momento, oltre a darne la definizione, verranno trattate le sue componenti e gli indici maggiormente utilizzati per un suo studio finalizzato a decisioni strategiche e gestionali.
Successivamente si cercherà di definire alcune politiche di management del capitale circolante, prestando anche attenzione al settore e al contesto di mercato in cui l’impresa considerata si trova e focalizzando principalmente l’attenzione sulle componenti del CCC (capitale circolante commerciale) maggiormente significative ovvero “crediti commerciali”, “scorte” e “debiti di fornitura”.
Infine, nell’ultimo capitolo, verrà analizzato il caso del gruppo societario XXX specializzato nel settore chimico e nella lavorazione dell’acciaio. Si effettueranno analisi sui trend e sui driver del CCN e del CCC, spiegandone le cause che ne hanno determinato i vari livelli, senza perdere di riferimento le condizioni di mercato in cui l’impresa opera.
Lo studio del working capital, nasce dalla consapevolezza della rilevanza che esso è andato sempre più acquisendo nel tempo nell’ambito del processo di allocazione e gestione delle risorse: infatti per un certo periodo, è stato fin troppo sottovalutato il contributo che i diversi elementi di tale aggregato del capitale investito potevano esercitare sulla “salute” dell'impresa.
Da qualche anno, invece, il circolante è entrato a pieno titolo nell'azione globale di corporate finance, sia nelle imprese di piccolo-medie dimensioni che in quelle più grandi. Tuttavia non esiste in nessuna impresa un organo specifico deputato al suo controllo; infatti,le decisioni capaci di influenzarne la consistenza sono normalmente distribuite fra organi diversi nell'impresa. La valutazione del governo del circolante avviene in modo complessivo, cioè attraverso una programmazione che permetta di cogliere gli effetti cumulati degli indirizzi espressi nelle varie sedi.
È stato finalmente riconosciuto il suo ruolo di "investimento", che è imputabile alla gestione caratteristica, ma che non differisce sostanzialmente da qualsiasi altra forma di impiego: anche per esso, dunque, si possono estendere le valutazioni per determinare la redditività potenziale e le prospettive di creazione di valore. La sua natura di vero e proprio investimento è ravvisabile osservando quelli che sono gli effetti delle sue variazioni: una contrazione del circolante produce una generazione di liquidità, mentre a una sua dilatazione consegue sempre un assorbimento di risorse; questa sua dinamicità va considerata a tutti gli effetti come una delle determinanti essenziali dell’autofinanziamento. Il capitale circolante rappresenta una grandezza fisiologica dell’attività dell’impresa; se però le sue componenti non vengono accuratamente gestite, esso può subire delle alterazioni a volte anche preoccupanti, che in genere si traducono in aumenti di costi e anche di rischi.
Il working capital esprime altresì (nei casi in cui risulti maggiore di 0) un fabbisogno finanziario ed, essendo le risorse finanziarie limitate, esso deve risultare in ogni momento compatibile con la capacità aziendale di reperire mezzi finanziari a breve scadenza. La sua entità è fondamentalmente determinata dalle scelte strategiche operate in materia di politica delle scorte, dei crediti e dei debiti commerciali: un’azione costante di verifica della validità e di coordinamento di tali scelte, in chiave attuale e prospettica, rappresenta, come vedremo, uno dei cardini principali della sua gestione.
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Informazioni tesi
Autore: | Simone Sdei |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Roberto Celentano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 47 |
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