Storia di una grande impresa elettrica dimenticata. La Unione Esercizi Elettrici dalle origini alla seconda guerra mondiale
Questo lavoro ha lo scopo di allargare le conoscenze su di una società elettrica, l’Unione Esercizi Elettrici (UNES), che, come recita il titolo, non è mai stato oggetto di ricerche mirate. La Unione Esercizi Elettrici nacque in età giolittiana, ma ebbe il suo pieno sviluppo nel ventennio fascista. Al pari della Edison, della Società adriatica di Elettricità (SADE), della società Idroelettrica Piemontese (SIP) e della Società Meridionale di Elettricità (SME) la UNES può tranquillamente annoverarsi tra le protagoniste dell’elettrificazione del paese.
L'Unione, fondata da Emilio De Benedetti nel 1905, a differenza delle altre grandi, non ha avuto alcuna letteratura, il motivo è semplice: l'Edison fu la prima e la più grande impresa elettrica Italiana, pertanto studi e ricerche sul suo operato non sono mancati; la SIP, dopo aver abbandonato la sua primitiva attività, è divenuto l’ente pubblico economico di telefonia che tutti conoscono (poi divenuto Telecom); la SADE era presieduta dal Senatore Giuseppe Volpi che è stato protagonista della via politica economica e culturale del paese per quasi 40 anni e principale promotore della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia; la SME è stata la protagonista dell’elettrificazione del Mezzogiorno ed una delle più grandi holding del settore alimentare in Italia (si pensi ad alcune sue ditte come Motta, Pavesi, Alemagna, Cirio ecc.).
Al contrario la UNES dal 1962, anno della nazionalizzazione dell’energia elettrica, e della conseguente nascita dell’ENEL, non ha svolto più alcuna attività, finendo così per essere dimenticata. Eppure il suo areale distributivo si distribuiva su 50.000 kmq tra Marche, Umbria, Abruzzo, parte della Puglia e del Lazio, pari a circa ad 1/6 del territorio nazionale, anche se vi risiedeva solo 1/10 della Popolazione.
Quest'ultimo elemento indica molto chiaramente la natura prevalentemente agricola delle zone servite dalla Unes che, comunque, considerò sempre “potenziali centri di sviluppo” ed essa stessa operò in tal senso.
All’interno del filone della stria industriale quello dell’industria elettrica è senza dubbio tra i più stimolanti ed attuali sia perché è un settore in gran parte inesplorato sia per la sua importanza economica e politica. Di questo si è avveduta l’ENEL che attualmente sta realizzando la storia dell’industria elettrica italiana.
L’industria elettrica, superatala fase sperimentale, si inserì nello sviluppo industriale nazionale dell’inizio del secolo, fornendo energia alle nascenti industrie meccaniche, chimiche e del cemento. Tra a gli elementi di primaria importanza figura quello tecnico-manageriale: le prima applicazioni dell’elettricità risalgono agli inizi del 1880, perciò già all’inizio del Novecento si erano formate competenze tecnico-scientifiche, grazie all’attivazione dei corsi universitari d’ingegneria industriale ed elettrotecnica. Proprio dai politecnici di Milano e Torino uscirono alcuni giovani ingegneri che abbinando competenza scientifica e capacità imprenditoriali, fondarono nel 1905 la Unes. In questo genere di attività quelle virtù non erano, però, condizioni sufficienti, a causa dell’enorme costo degli impianti, specie quelli idroelettrici, i quali necessitavano di colossali opere di sbarramento, di condotte forzate e dell’acquisto di macchinari in continua evoluzione (quasi sempre di provenienza estera). Se la stessa società intendeva anche distribuire l’energia prodotta , ai costi di produzione, si sommavano quelli necessari per la palificazione delle linee, per la costruzione di cabine di trasformazione e smistamento e per la manutenzione ed assistenza agli utenti.
Per fronteggiare questa ingente necessità di capitali gli industriali elettrici dovettero far ricorso, spesso fin dalla nascita, a potenti finanziarie straniere, prevalentemente tedesche e svizzere, a causa della scarsa accumulazione realizzata fino ad allora dal nostro sistema capitalistico.
Poiché quelle holding erano quasi sempre emanazione di industrie elettromeccaniche, all’attività creditizia abbinarono la vendita di macchinari delle proprie case madri.
Tra le grandi banche “miste” Italiane che per prime investirono copiosamente nel settore elettrico spiccano, anzitutto, la banca commerciale Italiana e , in misura minore, il Credito Italiano e la Banca Italiana di Sconto. Per quanto concerne le altre banche, esse non avevano ancora quella larghezza di capitali necessaria per entrare direttamente in un settore tanto impegnativo. La guerra fece la fortuna dei grossi gruppi finanziarie de industriali nazionali che, grazie alle commesse belliche , poterono incrementare le loro disponibilità. Parallelamente crebbe l’influenza che poterono esercitare nei consigli di amministrazione delle società in cui amministratori e consiglieri, di origine o di nazionalità tedesca furono costretti a dimettersi.
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Informazioni tesi
Autore: | Aleandro Fanucci |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1991-92 |
Università: | Università degli Studi di Ancona |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Luciano Segreto |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 160 |
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