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La sentenza dichiarativa di fallimento ed effetti penali dello stato di insolvenza

La disciplina fallimentare, il cui impianto originario risale al Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267, è stata oggetto di un consistente processo di riforma; dapprima con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80), che ha modificato la disciplina della revocatoria e quella del concordato preventivo; successivamente, con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 80 del 2005), che ha modificato la disciplina del fallimento e abrogato l’amministrazione controllata.
Il lavoro ha tenuto conto dell’intervento riformatore cui si è fatto cenno, dal momento che la rinnovata disciplina ha trovato applicazione per tutte le procedure iniziate dopo il 16 luglio 2006, sebbene per quelle pendenti a tale data sia rimasta applicabile la normativa antecedente.
Pertanto, per ciò che riguarda le disposizioni di cui alla parte introduttiva della tesi (relativa alla dichiarazione di fallimento con i suoi presupposti, contenuti ed effetti non penali), l’analisi ha preso le mosse dal testo novellato, senza tralasciare, ove ritenuto necessario, il confronto col previgente impianto normativo.
Viceversa, poiché le disposizioni relative alla parte centrale della trattazione (dedicata precipuamente agli effetti penali del fallimento ed ai reati fallimentari), non sono state interessate dal citato processo di riforma, le tematiche attinenti sono state affrontate avendo a riferimento l’unica normativa vigente.

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1 1. PREMESSA La disciplina fallimentare, il cui impianto originario risale al Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267, è stata oggetto, da poco, di un consistente processo di riforma; dapprima con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80), che ha modificato la disciplina della revocatoria e quella del concordato preventivo; successivamente, con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 80 del 2005), che ha modificato la disciplina del fallimento e abrogato l’amministrazione controllata. Il presente lavoro non può non tenere conto dell’intervento riformatore cui si è fatto cenno, dal momento che la rinnovata disciplina trova già applicazione per tutte le procedure iniziate dopo il 16 luglio 2006, sebbene per quelle pendenti a tale data resterà applicabile la normativa antecedente. 1 Pertanto, per ciò che riguarda le disposizioni di cui alla parte introduttiva di questo studio (relativa alla dichiarazione di fallimento con i suoi presupposti, contenuti ed effetti non penali), molte delle quali sono state recentemente modificate, l’analisi prenderà le mosse dal testo novellato (pur nella consapevolezza che il corpo normativo venuto fuori da un così vicino processo di riforma non sia stato, ancora, oggetto di elaborazioni dottrinali approfondite), senza tralasciare, ove ritenuto necessario, il confronto col previgente impianto normativo. Viceversa, poiché le disposizioni relative alla parte centrale della presente trattazione (dedicata precipuamente agli effetti penali del fallimento ed ai reati fallimentari), non sono state interessate dall’ultimo processo di riforma, le tematiche attinenti verranno affrontate avendo a riferimento l’unica normativa vigente. 1 Cfr. Nigro, Sandulli, “La riforma della legge fallimentare” - Giappichelli, 2006.

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