L'industria alimentare e il caso dei prodotti biologici
L’industria alimentare nel contesto europeo (cap I) si presenta oggi fortemente polverizzata, con tante piccole imprese che vivono di mercati locali e produzioni tradizionali tipiche e con la presenza storica di alcuni grandi gruppi che nei rispettivi comparti occupano posizioni di leadership; certamente è condizionata da quelle che si possono definire le sfide di fine secolo cioè:
- la globalizzazione, vista come il superamento dei vincoli nazionali a vantaggio di un grande mercato globale;
- la Wto, ovvero l’organizzazione che si occupa del controllo delle regole del commercio a livello mondiale;
- Agenda 2000, che regola le linee guida di medio termine riguardo l’allargamento ai paesi Peco e a Cipro, la fase programmatoria dei fondi strutturali destinati all’agricoltura e le decisioni che concernono le singole Ocm;
- l’introduzione della moneta unica, soprattutto per quel che riguarda l’eliminazione del rischio legato al tasso di cambio.
E’ proprio in questo panorama che è inserita l’industria alimentare italiana (cap II) che oggi occupa il terzo posto tra il settore meccanico e quello tessile e dell’abbigliamento. Lo stallo dei consumi, la flessione dei prezzi e la competizione internazionale sempre più agguerrita sono state le cause che hanno portato a quella nutrita serie di concentrazioni, fusioni ed acquisizioni in Italia che hanno visto protagoniste dagli anni ’80 a metà anni ‘90 soprattutto le imprese straniere (lo sviluppo delle imprese italiane è stato frenato dalla frammentazione che caratterizza da sempre il settore). Oggi la trasformazione alimentare può contare più di 30mila imprese, 355mila addetti e 170mila miliardi di fatturato.
L’industria alimentare non può essere vista separata dagli altri due elementi della catena agro – alimentare, l’agricoltura (come fornitrice di materie prime indispensabili per la qualità degli alimenti italiani e soprattutto per i prodotti tipici necessari per uscire dal mercato italiano) e la distribuzione (che ormai, anche per la presenza di distributori esteri sul nostro territorio, sta condizionando fortemente la trasformazione alimentare). Purtroppo il legame fra i tre elementi non è ancora così stretto tanto da condizionare l’esportazione dei nostri prodotti verso l’estero. Ma non sono solo agricoltura e distribuzione che condizionano l’operare dell’industria alimentare: anello della catena, il più importante, è quello rappresentato dal consumo. Il cambiamento degli stili di vita del consumatore e l’aumento del benessere lo hanno portato a chiedere alimenti ricchi di servizio aggiunto (i cosiddetti convenience) e alimenti ad alto contenuto salutistico e qualitativo; è cresciuta contemporaneamente la paura degli scandali alimentari che si sono susseguiti nel tempo, e conseguentemente la domanda di più sicurezza e garanzie da parte dei produttori e dei trasformatori (con una maggiore tracciabilità di filiera). Queste sono state le ragioni che hanno avvicinato il consumatore (non solo quello italiano) ai prodotti biologici (cap IV), cioè alimenti privi di pesticidi e prodotti chimici garantiti da una normativa europea che li disciplina (reg. Cee 2092/91) e da nove organismi (sul territorio italiano) che controllano e certificano le aziende di produzione e di trasformazione. L’industria alimentare si è mossa molto lentamente in questo contesto accusando una situazione legislativa ancora non troppo chiara; inoltre l’iter da seguire per ottenere la certificazione è ancora lungo e costoso. Solo ultimamente stanno entrando nel segmento biologico, insieme alle piccole imprese, anche le grandi marche vedendo in questi prodotti innovativi un’attrattiva di business e un completamento della gamma. Nel 2000 sono 4125 le industrie alimentari che hanno introdotto nel loro portafoglio i prodotti biologici e di queste, 21 fanno parte del settore lattiero - caseario (cap III), dal quale provengono due dei prodotti biologici più diffusi, lo yogurt ed il formaggio.Lo scoglio che devono affrontare tutte le industrie di trasformazione alimentare prima di inserire un prodotto così innovativo, è quello di spiegare esattamente al consumatore cosa significa “prodotto da agricoltura biologica” e quali benefici può portare il suo utilizzo.
Oggi i prodotti organici (altro nome dei prodotti bio) sono diffusi non solo nei negozi specializzati come accadeva una volta, ma si possono trovare anche sugli scaffali della distribuzione moderna a prezzi certamente più competitivi. Malgrado questo, molti sforzi devono essere ancora fatti per far accettare il prodotto al consumatore finale, soprattutto aumentando l’azione promozionale da parte delle stesse imprese produttrici e da parte di organismi indipendenti (come quelli pubblici), diminuendo gli alti costi di riconversione delle culture e riducendo la differenza di prezzo, ancora troppo elevata, tra prodotto biologico e prodotto convenzionale di marca.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Marchina |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Brescia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia Aziendale |
Relatore: | Antonio Fazio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 183 |
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